La lingua italiana è in pericolo


 La lingua italiana è sotto attacco dell’inglese, e fin qui passi, perché tutte le lingue europee sono miste. Computer pare britannico, ma è l’italiano medioevale computo, a sua volta dal tardo latino. Metà dell’inglese sono parole francesi, quindi neolatine, pronunziate diversamente. Un terzo dell’italiano è fatto di parole longobarde, e non facciamo – con diversi esiti – bellum, ma guerra. E tutte le lingue dotte hanno attinto al latino e al greco. Non la faccio lunga, e vi porto un esempio molto, molto comune: dal latino vitium, la parola che veramente “deriva” è vezzo, mentre vizio è un latinismo del linguaggio religioso e letterario.

 Nemmeno i dialetti sono tanto rovinosi. Tutti, anche il modesto sottoscritto, parliamo in dialetto, e spesso adattiamo il dialetto all’italiano, anche quando non se ne accorge nessuno. 

 Vero che l’inglese e i dialetti minacciano l’italiano. Ma, per usare esempi bellici [latinismo per guerreschi], un buon condottiero non si deve preoccupare della forza del nemico, bensì della debolezza del suo esercito; e porre rimedio.

 L’italiano è debole; e la sua debolezza consiste nell’essere diventata una lingua media di manzoniano stampo, quindi una lingua mediocre, e, per dirla in francese, uno strumento bon à tout faire, bon à rien faire. È la lingua dei telegiornali, che c’informano con la stessa piatetzza di ogni singolo evento, sia una catastrofe sia una rassegna di canzonette; e temono palesemente di incorrere in un’orrebda violazione del politicamente corretto; e che si offendano le donne, i malati, gli stranieri, quelli con i capelli ricci… ogni qualsiasi categoria! Mai che si senta “liti interne al partito X”; mai “il delinquente è stato arrestato”; mai “la ragazza non era stata rapita, era scappata di casa”: macché, tutti buoni, tutti santi, tutti, anche assassini e suicidi, “solari”.

 Evidentemente è così anche nelle scuole, dove della Commedia fanno leggere solo Paolo e Francesca, e sorvolando di far sapere ai ragazzi che sono all’Inferno in quanto peccatori; e mai il conte Ugolino: pare brutto, che divori in eterno niente di meno che un arcivescovo! Figuratevi Taide con le “unghie merdose”, e “lascia pur grattar dov’è la rogna”, detto in pienissimo Paradiso! E qualche prof tenta di far credere ai fanciullo che don Rodrigo fosse un rivale di Renzo e che invece Lucia abbia scelto il Tramaglino per amore; quando è palese che il nobilotto brianzolo è un volgarissimo e smidollato pomicione. A proposito, non è che il contino Leopardi volesse sposare Silvia.

 Urge un recupero dell’italiano robusto e sanguigno, tipo “gli anni passati al servizio dello Stato non li ho né dormiti né giocati”, del Machiavelli che se ne fregava dei verbi intransitivi; seguendo del resto un altro trasgressivo della vita e della lingua, Catullo di “nox dormienda”.

 Urge una scuola dove si parli italiano anche durante la ricreazione e la gita; e il prof racconti barzellette senza pensare che uno, per far ridere, debba ricorrere per forza al dialetto dei bassi.

 Coraggio, difendiamo la lingua da se stessa!

Ulderico Nisticò