La neofobia e l’IA


 La neofobia è la paura del nuovo. È invece natura dell’uomo la neotenia, cioè la tendenza a modificare la propria vita. Ciò non accade ad altre specie viventi, che per cambiare qualcosa, se mai cambiano, impiegano millenni, e ovviamente non se ne accorgono. L’uomo, insegna il Vico, è la sua storia; che muta “con le modificazioni della mente umana”.

 Seconda premessa. Le guerre, le stragi, le crisi, le sperequazioni tra i ceti, e qualsiasi altra iattura vi venga a mente, non sono state provocate da un’intelligenza artificiale, ma dall’intelligenza naturale. Non era certo d’intelligenza che difettavano Elena e Paride, quando, scappando da Menelao, scatenarono un putiferio che, nei fatti e anche attraverso la più alta letteratura, in qualche modo dura tuttora! Erano forse poco intelligenti Fermi, Einstein, Oppenheimer, quando inventarono la bomba atomica, e pensarono di sperimentarla su due città giapponesi? Che intelligenza, scienza e saggezza siano sinonimi, è un’illusione socratica smentita da tutta l’umana storia dal 2024 tornando indietro fino ad Adamo ed Eva.

 I quali avevano tutto quello che si può desiderare, tranne una mela: e si sa come andò a finire. Meno noto è quanto accadde a Pigmalione, il quale, come tutti i maschi, sempre bambinoni, cercava la donna ideale; e, ovviamente non trovandola perché non esiste, se la fabbricò. Ma Zeus le diede un vaso con tutti i beni e tutti i mali, aperto il quale iniziò la gloriosa e travagliata vicenda dell’umanità. Per fare un esempio, se Dante Alighieri fosse stato un normale e pacioso piccolo borghese, avrebbe passeggiato a vita per le strade di Firenze a salutare una sempre più vecchia e raggrinzita Beatrice e scrivere poesie ormai per età patetiche; e invece fece quella roba in cui sbatte all’Inferno imperatori e papi; e anche in Paradiso trova il modo di parlare malissimo di Questo e dell’Altro Mondo, e quasi sempre a ragione.

 Chissà se… no, anzi è sicuro che se ordiniamo all’IA di comporre il canto Trentaquattresimo della Terza Cantica, quella lo fa in mezzo minuto; immaginando che, dopo niente di meno che la visione di Dio, egli torni a Firenze a raccontarlo agli amici. Ora immaginate voi le battutacce dei Fiorentini: “Oh, sempre grullo l’è, l’Alighieri! Oh, briaho”.

 Siccome stamani mi sono svegliato, in ore antelucane, con in testa Omero, vi dico come secondo me è l’IA. È come Euriclea, l’anziana schiava onnipresente di Ulisse e Penelope, comprata da Laerte da ragazzina (e lasciata com’era: non faccio commenti!), e che di casa sa tutto e amministra e governa; e, attenti qui, ha un’ottima memoria, tanto che appena vede la cicatrice si ricorda della caccia al cinghiale di Ulisse e di suo nonno materno Autolico, persona intelligentissima e notoriamente disonesta, tanto da aver inventato, sei secoli prima di Gorgia, la sofistica. E anche spia, Euriclea, perché, sapendo tutto, indica al figlioccio quali schiave avessero trescato con i Proci. Vero, però non era Euriclea a decidere la politica estera di Itaca e dell’Ellade in genere. Faceva la schiava; una schiava trattata benissimo (troppo bene, forse pensò anche Euriclea: vedi parentesi di sopra!), ma purché stesse al suo posto.

 Dal mito alla storia. Quando in Gran Bretagna inventarono le macchine a vapore, un certo Ludd organizzò un movimento operaio il cui scopo dichiarato era la distruzione di tali aggeggi, che, a suo parere, toglievano lavoro. Donde il luddismo, che di tanto in tanto torna ad affacciarsi, e anche oggi. Anche oggi la macchina da scrivere io la conservo per cimelio, e scrivo sopra un computer. E questo mio misero pezzo uscirà in internet, con molte migliaia di almeno potenziali lettori, e poi lo farò girare tra i miei gruppi, e qualche anima bella risponderà più o meno a tono. Non c’è dubbio che i manoscritti medioevali miniati e arabescati erano più artistici ed eleganti, e ci lavoravano sopra, per copiarli, centinaia di monaci amanuensi; però io sono convinto che è meglio oggi. Senza scordare che i manoscritti erano fatti di pelle, e, nel caso più economico, di pergamena, e costosissimi; e riservati non ai “nobili” come magari qualcuno starnazzerà, bensì a rari dotti incredibilmente dottissimi; i nobili, tra una Crociata e l’altra, non si pigliavano il disturbo di leggere, e meno che meno di scrivere.

 Attenti: in Gran Bretagna e nel resto dell’Occidente la disoccupazione, ciclicamente, c’è, ma per difetto di organizzazione del lavoro, della produzione e della distribuzione; e non per colpa delle macchine; e se ci sarà, non sarà per colpa dell’IA; e Ludd ebbe ed ha torto: le innovazioni generano economia, non la tolgono. Tutto sta a seguirle, a saperle accettare e gestire. Per esempio, io, che nei ritagli di tempo faccio il classicista, se mi salta lo schiribizzo di scrivere

Μῆνιν ἄειδε, θεά, Πηληιάδεω Ἀχιλῆος

che è l’inizio dell’Iliade, lo faccio con Lexilogos, e non lo incido sulla pietra, a rischio di darmi una martellata sulle dita.

Ulderico Nisticò