Meridione, Orazio e Virgilio; ovvero, le strane regole della gloria


Monumento ad Orazio, Venosa

Monumento ad Orazio, Venosa

 Si terrà in Puglia la prossima riunione del G7, presieduta dall’Italia. Ottima idea: si attira l’attenzione sul nostro Meridione, di solito nominato appena e malamente a colpi di piagnistei, e in alternativa di utopie.

 Idea curiosa è che a fare da… Cicerone, sia Publio Virgilio Marone; e con un volto, dicono, ricostruito dall’intelligenza artificiale. Spero che IA abbia tenuto conto dell’aspetto reale del grande poeta, il quale, secondo i suoi biografi, aveva una “facies rusticana”, da contadino.

 Ora mi si consenta una riflessione. Letteratura latina alla mano, a mostrare al mondo la Puglia non doveva essere Virgilio, di Mantova, e che in Puglia capitò solo due volte: per il convegno di Brindisi del 37 a.C., e, purtroppo, per morirvi nel 19. Doveva essere Quinto Orazio Flacco, nato a Venosa (oggi provincia di Potenza, ma proprio ai confini con la Puglia) nel 65, e che s’ispira molto spesso alle terre di Daunia, Apulia e “Calabria” (all’epoca, il Salento), e a Taranto. Così, per esempio, in Odi, III, 4.

Me fabulosae Vulture in Apulo,
nutricis extra limen Apuliae,
lodo fatigatumque somno
fronde nova puerum palumbes
texere;

…Nell’apulo Volture, ai confini dell’Apulia mia patria,
quando ero fanciullo colombe magiche
un giorno che ero stanco di gioco e sonno
di fresche fronde mi coprirono…
 (dal mio Muse Ioniche, Città del sole)

 Meritava di più il meridionale Orazio. E se proprio vogliamo andare in fondo, è Orazio il modello perfetto di classicismo, e maestro di tutti i classici e neoclassici dei secoli futuri XV, XVI, XVIII, XIX; e di come si possa cesellare la parola e renderla corpo e musica della metrica.

 Così giudicherebbe un classicista puro. Solo che i convenuti al G 7 classicisti non sono; e, francamente, sanno tutti, magari non con tanti particolari, ma almeno hanno sentito nominare Virgilio, almeno per la Divina Commedia; e di meno sanno chi fu Orazio; e che, proprio per la sua natura di classico, è poco popolare.

 Per quanto precede, e cambiando parte in commedia, e passando ora da classicista a divulgatore, alla fine anch’io avrei scelto, ahimè, non Orazio ma Virgilio. Alla fine, il G 7 è un gruppo politico, mica un simposio di latinisti.

 Ecco le mutevoli regole della gloria. Però, che in RAI il viaggio del 37 da Roma a Brindisi sia presentato come di Virgilio “assieme ad altri poeti”, è una palese ingiustizia, se a raccontarlo, con tanti particolari, è proprio e solo Orazio in Satire, I, 4; Orazio, che non viene manco sussurrato.

 A Brindisi fecero provvisoria pace Marco Antonio e Ottaviano, pochi anni prima dello scontro del 31 ad Azio, con vittoria di Marco Agrippa e Ottaviano su Marco Antonio; che Orazio canta come fosse una guerra contro Cleopatra; e alla fine esalta lei per la beffa di essersi uccisa con il serpente (“ausa est tractare serpentes”), togliendo al nemico la soddisfazione di portala in trionfo, lei, “non humilis mulier”. Orazio era abbastanza amico di Ottaviano per dirgli la verità. Erano anche rivali in amore, ma ve lo racconto un’altra volta.

 In mezzo a tutto questo sfacelo, Virgilio se ne stava chiuso in casa a Napoli, e non si affannava a prendere posizione. Su tutti aleggiava la protezione di Mecenate, che, etrusco e senza mai una carica politica, era però di fatto il ministro della propaganda di Ottaviano, e s’incaricava di formare l’opinione pubblica romana e italica contro Marco Antonio; e, in generale, a favore dell’Impero: operazione perfettamente riuscita, anche per merito di Virgilio, Orazio e Properzio e altri. Marco Antonio non ebbe un Mecenate, e non andò mai oltre l’invettiva, anche insipida, come quella che Ottaviano aveva un nonno cordaio di Thuri ex Sibari oggi Cassano al Jonio. C’è sempre da qualche parte un pezzo di Calabria (qui, senza virgolette).

 Secondo me, la Calabria del 2024 dovrebbe approfittare di quest’ondata di latinità – nel nostro caso, anche o più di grecità genuina – per farci un poco di propaganda anche noi. Ci vorrebbe un Mecenate capace, dice Orazio, di giudicare e scegliere i poeti.

 E già, qui in Calabria non è che manchi la cultura; mancò per secoli, e manca tuttora, l’organizzazione della cultura.

 Boh: io, pur senza grondare speranza, l’ho detto; veda chi può.

Ulderico Nisticò