Natale amerikano


 Gli Stati Uniti sono la terra dell’eclettismo, cioè del prendere una cosa qui e una lì, nel tentativo di mettere d’accordo tutti con un denominatore comune minimo: molto, molto minimo. Il Natale americano cade il 25 dicembre come in Europa, e, genericamente, si chiama Christmas; evitando però troppo espliciti riferimenti a Cristo nel senso di Gesù. Del resto, anche i cristiani superstiti negli USA sono in gran parte di origine protestante, e, senza saperlo, ariana (nel senso di seguaci di Ario!), e alla fine Cristo per quelli è un uomo saggio e buono, ma un uomo. Ci sono i cattolici, ma non è che sentano dire spesso essere Dio-Uomo. Lo ripetono nel Credo, ma non lo si commenta. Insomma, Natale degli USA è Babbo Natale, con grande gaudio dei negozi.

 Fatti loro, se non fosse che qualsiasi americanata di qualsiasi genere profano e sacro, prima o poi arriva, dilaga in Europa attraverso lo strumento più banale: il commercio sorretto dalla pubblicità. Vediamo così gente vestita da Babbo, e in compagnia di animali sconosciuti come le renne, mentre più rari sono diventati bue, asinello e pecore; che del resto nelle nostre campagne non s’incontrano più. E se una ditta colloca le luminarie, le compra già con Christmas, e se le volesse con Buon Natale in italiano, avrebbe difficoltà a reperirle. E fu così che mi tocca sentire Adeste fideles in angloamericano!

 L’americanizzazione si estende ben oltre i vestiti rossi e gli animali esotici e i canti; e sta raggiungendo il concetto. E qui serve una breve ma esauriente spiegazione. Mi basta ricordare quanto abbiamo rappresentato a Badolato lo scorso 7 dicembre: l’Attesa.

 Il peccato di Adamo ed Eva separa l’umanità da Dio; e fa iniziare il tempo e la storia con le sue contraddizioni e la sua gloria. La Torre di Babele fa iniziare il pensiero soggettivo e il relativismo, che si manifestano attraverso le Nazioni e le lingue intraducibili. Parentesi: ecco perché Xmas non è la traduzione di Buon Natale, ma è tutt’altra cosa e tutt’altro pensiero; come abbiamo dimostrato di sopra. Le lingue non sono mai traducibili, anche, soprattutto quando le parole si assomigliano.

 Natale, “dies Natalis” è la nascita di Gesù, concepito da Spirito Santo nel grembo di Maria Vergine. E la Sua Passione e la Resurrezione sono la riconciliazione dell’umanità con Dio.

 I Vangeli annunziano anche un messaggio di umanità. Attenti, la novità rivoluzionaria del cristianesimo non è la scoperta che anche i poveri e gli schiavi sono uomini, cosa che hanno sempre detto tutti, almeno a parole; ma che sono uomini anche i re e i governatori romani e i farisei, con tutte le debolezze dell’umanità. Non c’è posto per gli immani eroi greci (del resto, da secoli purissima letteratura!), nei Vangeli. L’ambientazione storica dei Vangeli è quella di un paese di ceti medi e senza gravi problemi economici ma scosso da eterne agitazioni politiche; e con un curioso equilibrio instabile tra potere romano e intriganti poteri locali. I Vangeli invitano alla solidarietà nei confronti dei bisognosi, ma non contengono alcuna tesi eversiva, e tanto meno l’istigazione a ribellarsi a Tiberio… magari per dare il potere ad Annah, Caifa, e tipetti simili; ad Erode… Erode, o, più esattamente, quelle che lo comandavano davvero, le simpatiche Erodiade e Salomè. Qualsiasi persona sensata, al solo pensiero, si teneva caro Cesare!

 Ecco, Catechismo alla mano, cos’è il Natale. Forse mi farò qualche altro nemico, oggi, ma pazienza: uno più, uno meno. Intanto mi piacerebbe un Natale cattolico e italiano, e non con You come down from the stars, bensì Tu scendi dalle stelle come scrisse e musicò sant’Alfonso Maria de’ Liguori.

 Voglio anche il presepe, con Maria e Giuseppe, poi il Bambino, e con i pastori, gli artigiani, le madri di famiglia, la comunità “diversamente per diversi offici”; e i re Magi; e l’Incantato, che fuori dal tempo, contempla l’Infinito.

Ulderico Nisticò