È stata notificata a 30 indagati la chiusura indagini relativa all’inchiesta della Dda di Catanzaro denominata “Rinascita 3 – Assocompari”, incentrata sugli affari illeciti della cosca Bonavota di Sant’Onofrio e i loro sodali.
L’operazione era stata portata termine il 25 gennaio scorso dai carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia. Nell’occasione erano state eseguite otto misure cautelari in carcere e tre misure interdittive del divieto di esercitare attività imprenditoriali o uffici direttivi di persone giuridiche.
I reati a vario titolo contestati sono associazione di tipo mafioso (imputazione riguardante 4 soggetti), riciclaggio internazionale aggravato, trasferimento fraudolento di valori aggravato dalle modalità mafiose, truffa internazionale aggravata, ricettazione, reati in materia di navigazione.
Dalle indagini coordinate dai sostituti Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci e dal procuratore Nicola Gratteri, è emerso che da un piccolo paesino in provincia di Vibo, Sant’Onofrio, roccaforte della cosca Bonavota, gli affari della consorteria si diramavano in tutta Europa.
Infatti la Dda di Catanzaro ha collaborato e lavorato, col Ros e i carabinieri della provinciale di Vibo Valentia, insieme a Paesi come l’Ungheria, Cipro, la Francia, la Danimarca e la Gran Bretagna. Fulcro dell’inchiesta è, infatti, il riciclaggio – in particolare una anomala frequenza e circuitazione di denaro verso l’Ungheria – che ha portato gli inquirenti ad avvalersi dell’Unità di informazione finanziaria della Banca di Italia, della collaborazione del progetto ICan e del grande contributo dato da Eurojust.
Indagato chiave è Giovanni Barone, 54 anni, commercialista calabrese le cui attività portano allo studio di una avvocata, Edina Szilagy, che operava in Ungheria.
L’inchiesta avrebbe permesso di svelare come veniva ripulito il denaro provento dell’attività criminale dell’associazione tra cui alcune truffe milionarie. Secondo l’accusa, erano state aperte dagli indagati italiani in concerto con l’avvocata ungherese, tutta una serie di società ungheresi che muovevano il denaro e che operavano nel settore immobiliare e dell’intermediazione finanziaria.
Gli inquirenti hanno ricostruito come veniva ripulito il flusso di denaro che passava anche da Francia, Danimarca, Gran Bretagna attraverso molteplici trasferimenti sui conti di questi Paesi e veniva reimpiegato in Italia nell’acquisizione di beni immobili o in alcune acquisizioni societarie.