ONU e altre questioni giuridiche


 Non so quanti sappiano cos’è l’ONU, e perciò serve una lezioncina di storia. Alla fine della Prima guerra mondiale (1918), Wilson, presidente USA, propone e ottenne la formazione di una Società delle Nazioni, che venne costituita, con sede nella neutrale Ginevra. Contò poco e nulla. Alla fine della Seconda, divenne Organizzazione Nazioni Unite, con sede a N. York. Vita grama anche la sua, e lo dimostra quanto accaduto ieri: l’ONU propone una risoluzione per una cessazione delle ostilità a Gaza, e gli Stati Uniti pongono il veto. Come da sempre pongono il veto ogni volta che all’ONU qualcuno pronunzia, in qualsiasi circostanza, la parola Israele. A proposito di Israele, si calcolano 250 veti statunitensi.

 Ditemi voi, chi può prendere sul serio l’ONU? Chi può prendere sul serio gli Stati Uniti? Vi rispondo io: i governi, incluso il nostro, la posizione dei quali governi tutti… ah, la cui non-posizione è fare finta di non accorgersi di quanto accade a Gaza. Lo stesso per i giornali e le tv, che evitano in ogni modo l’argomento; o si beccano un’accusa molto, molto più pericolosa di quella di untore durante la peste di Milano. Quale accusa? Indovinate, indovinate!

 In queste condizioni, a che serve l’ONU? E chi fa qualcosa di credibile per la pace? Nessuno, e lo vediamo in diretta tv.

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 Parliamo ora di altre questioni giuridiche. Premessa: se la più o meno famosa scrittrice dovesse affermare, intervistata in tv, che i miei tre cani sono gatti oppure passerotti, essi resterebbero cani e, all’occorrenza abbaierebbero, e non farebbero cip o miau; e io, modestissima persona, non soffro di complessi d’inferiorità nei confronti di nessuno, figuratevi di chi sbaglia il significato delle parole. Patriarcato è una parola che non significa minimamente quello che dicono la Maraini e le folle urlanti. È un termine dell’antropologia e dell’etnologia, attestato dalla storia di tutti i popoli. Per dirla con il sommo Vico, è l’organizzazione delle comunità nell’ETÀ DEGLI EROI, fondata su famiglie nobili, il cui PATERFAMILIAS detiene tutti i poteri e si addossa tutti i doveri; anzi ha più doveri che poteri, incluso il dovere di combattere e morire per la famiglia. Nella successiva ETÀ DEGLI UOMINI le famiglie si dissolvono, e invale l’individualismo più desolato.

 I casi di uccisioni e violenze su donne (c’è anche il contrario, se leggete i giornali) non hanno, oggi, alcun carattere di patriarcato; sono, al contrario, fatti di natura individuale, da spiegare proprio con la perdita di ogni punto di riferimento comunitario e collettivo. L’individuo monade del secolo XXI non ha più a chi rivolgersi per ovviare alle sue debolezze: non ha il paese, la “ruga”, le amicizie, le congregazioni, le parrocchie, i partiti, le associazioni e tutti quelli che si chiamano… ahimè, si chiamavano i CORPI INTERMEDI; tanto meno ha la famiglia, che non è più comunità, ma precaria convivenza di debolezze senza reciproco sostegno. Conclusione: la situazione è l’esatto contrario del patriarcato.

 Dove voglio arrivare? Ho evidente timore che qualche magistrato s’inventi il reato di patriarcato, che non esiste nel Codice Penale. Già è un’aberrazione giuridica discriminante parlare di femminicidio invece di omicidio: dal latino homo e caedo, ovvero uccisione di un essere umano, homo, parola di genere comune, mica di un maschio.

 Se poi un inquirente si lascia condizionare dalle piazze e dalle scrittrici, non fa bene il suo lavoro, che invece consiste nel ricostruire la cruda verità. Sarebbe un gravissimo errore partire da una presunzione di innocenza esattamente come partire da una presunzione di colpevolezza. La verità di un delitto potrebbe essere anche spiacevole per le scrittrici e le piazze, ma un magistrato non deve evitarla o edulcorarla o rovesciarla nella confusione ideologica; deve cercare la verità.

 È lo stesso, tornando di sopra, per l’ONU e la politica internazionale in genere.

Ulderico Nisticò