Produzione e lavoro, anche in Calabria


 Apprendiamo che il PIL italiano aumenta dell’1,2% quest’anno, e più o meno lo stesso l’anno prossimo. Di conseguenza, aumenta, e aumenterà l’occupazione.

 È una logica conseguenza: il lavoro viene richiesto dalla produzione; la produzione mette in circolazione i beni e servizi; e quando questi circolano, si distribuiscono da soli.

 Per decenni, invece, l’Italia ufficiale, e anche la cultura, sono state rette dal mito di Rousseau che la natura fornisca beni gratis e tantissimi, e che alcuni cattivi li sotraggano ai poveri, i quali invece sono buoni. Non è così niente: né i ricchi sono cattivi né i poveri sono buoni, ma ci sono ricchi buoni o cattivi, e poveri cattivi o buoni. E, soprattutto, non esiste alcun Eldorado nascosto, non ci sono grano e olio nella cantine dei malvagi che mangiano da soli.

 La produzione, del resto, è il lavoro; e solo il lavoro genera il valore aggiunto.

 Se un popolo versa in pessime condizioni economiche, ci sono cause naturali del territorio; o sbagliata organizzazione dello sfruttamento delle risorse; o interventi esterni. Ma si può intervenire su tutti e tre i motivi, anche sulla natura.

 Pigliamo in esame la Calabria. Escludiamo che dei nostri problemi sia colpevole qualcun altro presente o passato: pensarlo, è solo un vizietto calabrese, una non desiderabile eredità della lingua greca, in cui aitìa vuol dire sia causa sia colpa; meglio il latino, che distingue nettamente colpa da causa. Per esempio, i nostri politici e burocrati non sono, detto in generale, colpevoli di qualcosa: sono degli incapaci.

 Resta da dire della natura, la quale è particolare, con più montagne che pianure e spiagge; e con poche risorse. Come viene utilizzato, il territorio calabrese? Male, se pensiamo al turismo, che è prevalentemente, se non quasi solo breve balneazione. Quindi la risorsa mare ha scarso valore aggiunto; e genera poco lavoro.

 Le risorse naturali, infatti, devono essere adoperate, se no non valgono. Occorre lavoro, e lavoro intelligente e ottimizzato.

 Se la Calabria produce, lavora; e chi lavora, a sua volta produce e mette in circolazione ricchezza, quindi altro lavoro.

 Corollario: il lavoro comporterà una radicale inversione di mentalità rispetto alla subcultura del “posto”; ma questo è ovvio, e salutare.

 Corollario due: chi lavora e mangia del suo, non deve ringraziare nessuno, nemmeno quando va a votare. Non so se è chiaro!

Ulderico Nisticò