Riformare la Giustizia, subito


Bisogna che gli scandali avvengano, si legge nei Vangeli, ma guai ai colpevoli. Mi auguro che i colpevoli paghino, tutti i colpevoli, tuttissimi… e non casco nella trappola formalistica se ci sia o no qualche “reato”. Incontrarsi per discutere di nomine di magistrati è in ogni caso un’azione politicamente e moralmente ignobile, e se ne accorge persino Zingaretti costringendo alle dimissioni Lotti; e, in un modo o nell’altro, si stanno levando di torno Palamara e soci.

Ripeto: poco conta se Palamara e Lotti e soci abbiano violato o meno qualche codicillo: hanno trattato e contrattato; poco conta che il presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, che è il presidente della Repubblica, abbia o meno il dovere di parlare: il suo silenzio è imbarazzante; poco conta se il suo vice, Ernani, abbia contrattato o meno: per gli ultimi due, scatta, politicamente, una palese culpa in vigilando, cioè: se non si sono accorti di nulla, che ci stanno a fare?

Se un domani io, cittadino qualsiasi, mi trovassi nelle mani di Palamara come giudice, direi al mio avvocato di ricusarlo per legittima suspicione; e così farei per ogni magistrato che abbia frequentazioni con la politica. E non venite a dirmi che è diritto di ogni cittadino partecipare a riunioni… ci sono motivazioni morali e di opportunità, per un giudice; e i magistrati godono di possenti privilegi anche finanziari, che comportano ovvi doveri molto al di là delle formulette e dei cavilli.

Come riformare? Bah, sempre da cittadino qualsiasi, io la penso così:

– va abolita ogni presenza di “correnti”, di per sé una contraddizione con l’imparzialità del magistrato;
– di conseguenza, il CSM deve avere solo funzioni professionali;
– l’operato dei magistrati deve essere soggetto a pubblico controllo; alla fine, i giudici sono esseri umani, e non eroi o dei;
– nella selezione dei magistrati, va restituito il massimo peso alla filosofia del diritto, che viene prima di ogni conoscenza a pappardella di codici e procedure; ed è ora di finirla con certe lauree in Legge a pioggia senza un adeguato percorso liceale.

Ma la vera riforma è quella della legislazione. Con gli anni, il potere giudiziario ha conquistato, per la debolezza della politica, uno spazio indebito; e di fatto ci sono due legislazioni, quella del parlamento (di fatto, quasi sempre del governo), e quella dei giudici nel senso di singoli giudici che interpretano le leggi, spesso in evidente contraddizione da un giudice all’altro, magari confinanti.

Bisogna cancellare molte migliaia di leggi dall’origine estemporanea e sotto i colpi di campagna di stampa (“ci vuole una legge!”), e subito dopo dimenticate. E lo stesso per certe convenzioni internazionali allegramente firmate dai governi precedenti, e che hanno comportato conseguenze devastanti; e non vanno ridiscusse, ma denunziate, cioè cancellate, e senza manco dirlo: come sta facendo l’Italia con Dublino; come non partecipando agli incontri dell’ONU, proprio per non rischiare che poi un giudice simpaticone arresti il Governo per l’articolo 666 dell’ONU medesima, e me personalmente per averne detto male. Vanno dunque riscritte le leggi.

Delle leggi, bisogna affidare la stesura ai decenviri del V secolo a.C., quelli che usavano pochissime parole per scrivere sul bronzo una norma: si noctu furtum faxit, si im occisit, iure caesus esto, e contate le parole. Meno parole si usano, minori sono le tentazioni dell’interpretazione fantasiosa e creativa di giudici privi di basi filosofiche e scarsi di basi culturali in genere; o sfacciatamente ideologizzati.

Chi deve fare tutte queste belle cose? Una categoria oggi rarissima, i giurisperiti, quei dotti romani che scrivevano essi le leggi, e poi, con santa astuzia giuridica, le facevano firmare all’imperatore di turno; poi gli imperatori passavano, e le leggi di Roma sono tuttora in vigore.
Esistono, oggi, dei giurisperiti? Ahimè, non ne vedo.

Ulderico Nisticò


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