Risposta a orrende riflessioni circa la violenza sulle donne


Caro Ulderico Nisticò,

ho pensato a lungo se valesse la pena elaborare una risposta alle sue ultime orrende dichiarazioni. Molti preferirebbero soprassedere dato il bassissimo contenuto delle apparentemente elevate argomentazioni, ma io non sono molti. Mi duole dirle che i suoi tentativi letterari di ubriacare chi la legge – e spero non molti – con quei manierismi fini a loro stessi non sortiscono alcun effetto su di me. Potranno forse disorientare i buontemponi ignoranti e pusillanimi che affollano le peggiori sezioni commenti di quel letamaio chiamato Facebook.

Quello che lei cerca di fare, in modo non troppo convincente, è dare una forma altisonante a contenuti completamente vuoti o, peggio ancora, fuorvianti. Si appella all’etimologia greca e latina delle parole, cita Dante e Petrarca con eruditismi forzati e ridondanti il cui unico fine è quello di elevarsi presuntuosamente al di sopra dell’interlocutore basso-medio che, abbagliato dalla sua perfetta opera di impacchettamento altolocato, si sentirà sminuito.

Beh, le è andata male a questo giro.

Per parlare di patriarcato non c’è bisogno di tirare fuori il Campanini-Carboni, basta affacciarsi fuori dalla finestra e vivere nel mondo reale. Potrà scioccarla eh, ma noi giovani facciamo anche questo: abitiamo il mondo reale oltre che quello digitale. E lo facciamo con molta più sensibilità e spirito d’osservazione di quanto faccia la sua generazione, che è invece sempre pronta ad additare nei temibilissimi social le cause di tutti mali del mondo, banalizzando così ogni riflessione.

Il mondo sta cambiando, si adegui al cambiamento. È inarrestabile ed è bellissimo.

Quello che lei descrive nei primi punti del suo problematico elaborato è esattamente quella tipologia di organizzazione sociale patriarcale (dunque una società e non una comunità arcaica) presente nell’antica Roma, ma non ha contezza del fatto che è lo stesso sistema sociale presente anche oggi, seppur in declinazioni più moderne.

L’essere rigidamente letterali rischia di far ricadere nell’anacronismo.

In più, non è necessario guardare così lontano: in Italia fino a 67 anni fa vigeva lo “Ius Corrigendi” con cui l’uomo aveva il diritto di ricorrere alla violenza per educare e correggere moglie e figli. Fino a 42 anni fa esistevano il delitto d’onore e il matrimonio riparatore, con cui gli uomini che uccidevano donne accusate di aver compromesso la loro reputazione potevano avere una riduzione di pena e lo stupratore poteva evitare il carcere se sposava la vittima. In Italia fino a 27 anni fa la violenza sessuale non era considerata un reato contro la persona, ma contro la morale pubblica e il buon costume.

Per fortuna la storia ci insegna quali sono i modelli da non seguire.

Lei nega il sempiterno fondamento culturale della nostra società (leggi patriarcato) alla stregua dei più feroci complottisti. Lo dimostrano le sue parole di terrore e sgomento nei confronti delle vere politiche di prevenzione che potrebbero concretamente cambiare le sorti di questa piaga sociale: l’educazione all’affettività, l’educazione sessuale, l’educazione ai sentimenti oltre gli stereotipi di genere. Questi, dopo la teoria gender (spoiler: non esiste), sono i nuovi nemici immaginari che la destra ha trovato per continuare ad allontanare dalla maggiore consapevolezza, e quindi sicurezza, i cittadini del mondo.

I nemici immaginari lasciamoli alla letteratura. Noi nel frattempo sensibilizziamoci, informiamoci, educhiamoci e liberiamoci di quei dogmi portati avanti dalla propaganda filocattolica e dal sistema di potere che abitiamo.

Agire a valle, quando il danno ormai è stato fatto, non è mai la soluzione. Perciò è inutile pretendere per i colpevoli l’inasprimento delle pene e augurargli ogni sorta di male. Come se poi gli uomini potessero essere solo castrati o frenati e mai cambiati. Forse, l’unico vero antidoto a questo veleno patriarcale è proprio l’educazione, a scuola e in famiglia. Lo è dunque il femminismo, che altro non è che l’adesione ad un principio di elementare giustizia di cui tutti noi dovremmo farci promotori.

Il suo tentativo di sminuire e privare di legittimità le denunce di donne vittime di violenza è grave e intollerabile, ed è solo uno degli atteggiamenti che caratterizza i sessisti della peggiore specie. È violenza di genere anche questa. Quella stessa violenza che, supportata dagli sguardi scivolosi, dalle battute misogine, dalle molestie verbali e fisiche, dal catcalling, dalla gelosia possessiva e dagli stupri, esita nel femminicidio. Il vertice della piramide, il più brutale dei finali.

In Italia viene ammazzata da un uomo una donna ogni 72 ore. Come osa?

Agli uomini all’ascolto: anziché dirci come difenderci, mettetevi in discussione, ponetevi dei quesiti. Da maschio non devi aver violentato per essere parte del problema. È un atto di empatia di genere ammettere di vivere una cultura che permea anche chi considera pulito. E il percorso da fare è fatto di ascolto, di ammissione, di profonda autoanalisi.

Michela Murgia diceva: “Nessuno è innocente se crede di dover rispondere solo di sé”.

Perciò, uomini, non rimanete in silenzio di fronte alle offese, ai pregiudizi, alla violenza, ma abbiate il coraggio di esporvi e di schierarvi dalla parte giusta della storia senza il timore di incrinare la vostra mascolinità.

Per ultimo, voglio rispondere al suo orrido consiglio non richiesto di cui noi donne facciamo comodamente a meno.

“Tranquille ragazze: il disperato dopo un po’ di rassegna; e, lo spero per lui, se ne trova un’altra.” Non stiamo affatto tranquille e non lo saremo finchè non vedremo negli uomini degli alleati e non dei potenziali oppressori.

Fino ad allora vivremo nella discriminazione e nella paura di morire ammazzate. Ma non staremo più zitte.

Veronica Labonia