Trump, ovvero “Si vis pacem, para bellum”


Non credo che Trump da ragazzo abbia mai svolto un tema in classe sulla pace, o mai abbia marciato per la pace, o abbia spacciato per pacifista il Che Guevara che morì valorosamente combattendo. A Trump non assegneranno mai il Nobel per la pace come al suo predecessore Obama, sulla fiducia. Però il pacioso Obama ha combattuto non so quante guerre, e senza risultato, e devastando, per quel che c’interessa da vicino, la Libia, assieme a due compari Sarkozy e Cameron, altrettanto falliti; e con l’8 settembre di Berlusconi.

E invece Trump ha incontrato, in campo neutro, l’arcinemico coreano Kim, e in qualche modo i due troveranno la soluzione. Lo stesso per l’avversario Putin.
Cosa vuole, Kim? Sostegno per un’economia alla fame, e strutture produttive di tipo sovietico: avanzate in alcuni rari settori, assenti in quelli più necessari. Il popolo della Corea del Nord potrebbe non reggere: e nessuno ha scordato che il Muro di Berlino venne buttato giù con il valido aiuto degli stessi poliziotti comunisti. La ricca Corea del Sud ha bisogno di mercato e di operai; la Corea del Nord, povera, ha bisogno di migliorare. Lo hanno capito tutti: Kim e Trump, e gli Stati vicini, inclusa la Cina.

Che vuole Putin? Che la Russia sia riconosciuta Potenza mondiale, come del resto è, e lo ha ampiamente dimostrato in Siria accanto ai legittimi governo ed esercito di Assad. E la Crimea? Ma appartiene alla Russia, mica all’Ucraina, e lo sappiamo tutti.
Si può dunque realizzare la pace concreta. I libri di storia sono zeppi di guerre, ma è un difetto di ottica; e bisognerebbe dare più spazio a chi le guerre le seppe prevenire e impedire. Il Congresso di Vienna assicurò la pace all’Europa per un secolo, con pochi e circoscritti episodi di conflitti. Il Congresso di Berlino del 1878 impedì scoppiasse un conflitto mondiale per irrisorie questioni di confini balcanici; e così possiamo dire di Monaco 1938 e dei due Arbitrati italotedeschi di Vienna.

Vedremo come andrà, dopo Singapore e dopo Helsinki. Quello che è certo, ed è avvenuto sotto gli occhi del mondo, è che sono state poste le premesse per la pace vera.
La pace non è un generico sentimento buonista, ma un fattivo atteggiamento di fronte alla realtà. Si fonda sulla logica e sulla forza: “Se vuoi la pace, prepara la guerra”, insegnarono i Romani, che assicurarono la pace genuina per cinque secoli; ma se e quando era necessario, combattevano guerre rapide e risolutive.

Sì, di pace è meglio parlare il meno possibile, e realizzarla sul serio. Trump non parla di pace: e proprio per questo è credibile. Usa la forza ragionata, non improvvisati scoppi di violenza. Difende gli interessi degli Stati Uniti: è infatti il presidente degli Stati Uniti, mica il presidente del Mondo o il re del Regno Incantato dell’Utopia! Così agendo, riconosce che ogni Stato ha i suoi interessi, la sua identità, la sua cultura: da questo reciproco riconoscimento deriva anche la capacità politica di ottenere la pace.

Da notare che Trump non si sogna nemmeno di chiamare in causa quella cosa inutile che è l’ONU! Qualcosa di simile sta facendo con la NATO, ormai del tutto inutile, ammesso sia mai servita. Trump ha dato un preavviso di scioglimento? L’Europa sarà costretta a fare da sé? Benissimo: per fare da sé, dovrà radicalmente cambiare, mandando a casa burocrati di Bruxelles e politicanti di scarto.
E gli utopisti poetici? Continueranno a sognare un mondo perfetto senza guerre… tranne quando fa comodo a loro o a qualche altro utopista. Vi ricordate l’Iraq, la Serbia… la Serbia, dove i pacifisti usarono, per amore dell’umanità, bombe all’uranio. Presidente del consiglio italiano, D’Alema, un altro famoso pacifista!

Ulderico Nisticò


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