Turismo di giugno


 Ragazzi, e lo so pure io che dal 20 luglio al 20 agosto volerà altissima la sola statistica che si fa in Calabria: QUANTA GENTE! E via con le perle dello Ionio e le perle del Tirreno e le perle dell’Atlantico… E tutti contenti: l’inverno è assicurato. Una statistica con i numeri reali, non me la fornirà mai nessuno.

 Ma anche con la statistica QUANTA GENTE, giugno è andato malissimo. Io vivo a Soverato, però non credo siano andate meglio le cose altrove.

 E parlo di mare, che, a occhio, è l’80% del turismo calabrese. Mare, cioè bagnanti.

 E quanti sono forestieri, e quanti invece emigranti di ritorno? E quanti torneranno ancora, ora che gli emigranti degli anni 1970 sono vecchietti; e i loro nipoti, nati a Milano, non si sentono obbligati al mare di Calabria, con tanto mare che c’è ai Caraibi? Caraibi, dove si può andare anche a Natale.

 Non serve a niente mostrare bellezze e monumenti ad agosto: il turismo, oggi, si pianifica a febbraio alla BIT, e attraverso le organizzazioni internazionali (tour operator). E invece qualcuno è ancora convinto che la gente parta a caso, e poi, sempre a caso, si fermi perché è bello il panorama.

 Del resto, mostriamo pochissimo e male: e sorvolo, dopo averne parlato mille volte, sul patetico Muccino e sul nulla dei Bronzi, eccetera.

 Urge una ristrutturazione del concetto stesso di turismo in Calabria, che in una sola parola si chiama professionalizzazione. La Calabria è da millenni una terra di poeti dilettanti, filosofi dilettanti, calciatori dilettanti, scienziati dilettanti, geni dilettanti, e quindi anche imprenditori turistici dilettanti. Il turismo (ma vale anche per il calcio e la poesia e la filosofia… ) non è un divertimento della domenica, è un lavoro. E deve generare economia e lavoro, non passatempo.

 Perché scrivo queste cose? Per il 2024: l’estate del 2023 corre verso l’equinozio d’autunno.

Ulderico Nisticò