Appello dell’Osservatorio Falcone-Borsellino per votare NO al referendum del 4 dicembre


carlomelleaCerte volte si è tentati di dire: ma abolitela questa Costituzione. Tutta, non solo la Seconda parte, che è la conseguenza della Prima. E non se ne parli più. Molto meglio dichiarare che non la vogliamo, una Costituzione, piuttosto che continuare a cambiarne un pezzo di qua, un pezzo di là per neutralizzarla, o peggio tradirla senza neppure toccarla, o magari stracciarsi le vesti perché la Corte Costituzionale (troppo raramente, purtroppo) la fa rispettare bocciando le leggi che la calpestano. Un bel tratto di penna e via: via il lavoro dei padri costituenti, via i principi fondamentali, via i diritti e i doveri dei governanti e dei governati, via i pesi e i contrappesi, via tutto. E via anche il Parlamento, la Magistratura, gli altri organi di controllo (non parliamo della libera informazione, ormai pressoché estinta). Decide tutto il governo, a botte di decreti e di fiducie. E i cittadini, pardòn i sudditi obbediscono, anzi subiscono.
Come dice uno dei nostri magistrati più illuminati Roberto Scarpinato, la Costituzione è per la classe dirigente italiota una camicia di forza troppo stretta, un lusso eccessivo. Uno splendido, rutilante smoking calzato a viva forza addosso a un maiale: cioè a un Paese ancora inquinato dalle peggiori culture autoritarie e impunitarie che il mondo conosca: il comunismo togliattiano senza più nemmeno ideali, il cattocomunismo, il cattolicesimo controriformista, il familismo amorale, il castismo e partitismo immorale, il fascioleghismo, il berlusconismo Doc di Berlusconi e quello spurio e provinciale di Renzi, il manoliberismo finanziario e confindustriale, col contorno dei residuati del gruppettarismo anni 70. Tutte culture che tutt’oggi si oppongono fieramente ai principi dello Stato liberale di diritto: divisione dei poteri (che si controllano a vicenda, ciascuno indipendente dagli altri), uguaglianza e legalità (la legge è uguale per tutti), etica della responsabilità (chi sbaglia paga), meritocrazia (tutti uguali ai blocchi di partenza, ma non al traguardo). E che hanno sempre messo in minoranza quelle liberali e il socialismo liberale: il liberalismo laico e cattolico e l’azionismo repubblicano. Sempre, salvo rarissime parentesi della storia recente, seguite a eventi traumatici e a mirabili quanto eccezionali congiunzioni astrali.
La prima fu il biennio 1946-47, quello della Costituente, seguito alla guerra civile. La seconda e ultima fu il 1992-93, con la Primavera di Palermo dopo le stragi, e la breve stagione di Mani Pulite dopo la lunga Tangentopoli che s’era mangiata l’Italia. Poi le acque del Mar Rosso tornarono regolarmente a chiudersi e ripresero il sopravvento le culture autoritarie e impunitarie di sempre (con una brevissima finestra nel 2002, quella dei Girotondi).
I tentativi non di ritoccare, di aggiornare o di migliorare, ma di stravolgere una Costituzione, vissuta come impaccio per l’esercizio incontrollato del potere, anzi del comando, sono continui e trasversali. Cominciarono Bettino Craxi e Giuliano Amato con il progetto di “Grande Riforma”nel 1980. Ci riprovò Massimo D’Alema in tandem con Silvio Berlusconi nella Bicamerale del 1997-98. Ritentò l’allora Cavaliere insieme a Bossi nel 2005, con la riforma di 53 articoli della Carta che riuscì a mandare in porto a colpi di maggioranza, ma che fortunatamente fu poi bocciata dalla stragrande maggioranza degli italiani nel referendum oppositivo del 2006.

Poi venne Giorgio Napolitano, il presidente più nefasto della storia repubblicana, che impose a una classe politica imbelle e senza dignità una nuova Costituzione senza avere alcun potere per farlo. Prima con Enrico Letta, poi con Matteo Renzi.
Ora siamo al dunque. Soltanto una vittoria dei NO al referendum oppositivo di dicembre può salvare non tanto la Costituzione, quanto la democrazia parlamentare italiana dall’infernale combinato disposto di una legge elettorale liberticida (l’Italicum) e di una legge costituzionale pericolosa, scritta coi piedi, confusa, imposta da un governo minoritario nel Paese e, per giunta, approvata a colpi di scorrettezze e forzature da parte di una minoranza trasformata in maggioranza da una legge elettorale incostituzionale (il Porcellum) e, per soprammercato, all’insaputa degli elettori.
Il referendum di dicembre, subito snaturato dal premier in Referenzum sulla sua augusta persona, è la consultazione elettorale di gran lunga più importante degli ultimi dieci anni. Molto più cruciale e decisiva di qualunque elezione politica nazionale. Lì si deciderà non la trascurabile sorte del provincia lotto che siede a Palazzo Chigi, ma il futuro dell’Italia nei prossimi decenni.
Purtroppo, andremo alle urne in condizioni di democrazia menomata. Tutti conoscono le ragioni del Sì, cioè una scarica di menzogne ripetute ogni giorno a reti unificate dal premier e dai suoi cari senz’alcuna possibilità di smentita, visto che il NO viene lasciato totalmente senza voce.
Per questo abbiamo deciso, molto velocemente, di colmare l’abissale deficit d’informazione con questo appello.
Passate parola, grazie!
Carlo Mellea
Presidente Osservatorio FBS


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