Chiude Ortopedia?


Ho avuto esperienze dirette e indirette che mi hanno consentito un giudizio pienamente soddisfacente del reparto Ortopedia soveratese. Ma già allora, e già allora ho avvertito i lettori, che sentivo una certa aria poco rassicurante. E usai questa metafora: se un’automobile ha bisogno di quattro ruote, con tre non funziona! Non so se è chiaro.

Ora ci siamo, e Ortopedia chiude. Come a Santa Chiara “dopp’arrobbati”, fecero porte di ferro, arrivano, a cose fatte, Viscomi e Tallini ad elevare una vibrante protesta.
Prima, non ci ha pensato nessuno. Nessuno si è accorto che ormai da anni il timbro del Reparto diceva “Lamezia” e non Soverato? Nessun sindaco degli ultimi tempi ha detto niente prima della catastrofe?

Eppure, ve l’ho detto anche a voce, amici cittadini, sindaci e medici. Credo fosse il 2014, la prima volta di Alecci, quando, richiesto di parlare, sostenni queste tesi: se vogliamo salvare il “presidio ospedaliero” (presidio è, non ospedale!), bisogna difendere ciò che è difendibile, e non il posto di Quello o il primariato di Quell’altro. In una ristrutturazione globale del servizio, alcun strutture di elezione possono anche essere trasferite altrove; altre, quelle di intervento, devo restare. E qual è d’intervento, dopo il Pronto Soccorso? Ma l’Ortopedia, in un territorio esposto a vari rischi come il nostro.

Chi deve sottoporsi a indagini mediche programmate, può anche andare altrove; ma chi ha una gamba rotta, no. Mi pare semplice.
Non ci servono dunque appelli improvvisati di politicanti in campagna pre o postelettorale; e nemmeno mugugni e proteste generiche: serve un piano razionale di riorganizzazione della sanità nel Soveratese.
Devono pensarci i sindaci, visto che non abbiamo un consigliere regionale locale. A proposito, vediamo di procurarcene uno, alle prossime elezioni, quelle del 2019.

Ulderico Nisticò


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