Corruzione collettiva, e paura


 Se a Vibo vendevano diplomi, anche in saldo, tutto ciò è reato per la legge, ed è uno schifo per il mio stomaco, e di tutti quelli che hanno sudato un diploma e una laurea, e a cui magari è stato rubato il posto. Giusto, mandiamo ad metalla, ad beluas i colpevoli. Vero, però, da che mondo è mondo, se c’è uno che vende, c’è qualcuno che compra; e, in questo caso, ci sono degli intermediari che sussurrano all’orecchio come si fa ad acquistare una diploma e dove sta in vendita. E ci sono dirigenti che non hanno mai dato un’occhiata. Insomma, è un sistema.

 Lo stesso per il giudice corrotto e divertaiolo, che non poteva divertirsi in ufficio senza che se ne accorgesse qualcuno. E anche questo è un sistema.

 Come funziona, un tale sistema? In modo piramidale: il capo NON controlla il vicecapo, e il vicecapo NON controlla l’impiegato, e l’impiegato NON controlla l’usciere; e l’usciere…

 Dite voi, ma cosa volete che conti, un povero usciere? Chiedetelo a Giuseppe Parini (1729-99), il quale segnala “gli imi che comandano ai potenti”. Esempio: se il Potente ha un vizietto, però, anziano, di sera non guida, l’autista usciere factotum lo deve accompagnare; e la mattina dopo: “Illustrissimo, lo sa che lei viene benissimo in fotografia? Chissà come starebbe, in prima pagina dei giornali”; e fu così che il figlio scemo dell’autista, o figlia oca, vinsero quel concorso tanto, tanto difficile.

 Ecco cos’è la corruzione collettiva. Come si fa a stroncarla? Facilissimo: se ci sono reati, ci pensi la magistratura; intanto, si applichi senza discussioni il principio della “culpa in vigilando”, ovvero, se un ufficio non funziona, si punisca il dirigente, e anche il superdirigente, eccetera. Al 95%, il TAR darà loro ragione, ma intanto si devono pagare l’avvocato, e litigare con la moglie per l’imprevista spesa.

 A che serve, tutto questo? A mettere paura, e, come disse l’antico, “paura guarda a vigna, e no sipala”; siepe, recinto, per i diversamente calabri. Infatti, la corruzione collettiva si alimenta del contrario, cioè della quasi sicurezza dell’impunità. E invece serve lo spavento, e sul serio.

 Un corollario: la Calabria già ha una pessima fama per molti motivi quasi tutti giustificati; però ora va di moda in tv picchiare sulle cose calabresi, e il danno è a cascata. Come calabrese, io esprimo il mio vomito nei confronti di dirigenti, impiegati e uscieri, oggettivamente responsabili di tanto porcile. Chiedendo scusa ai maiali.

Ulderico Nisticò