Il dramma dei 7.000 tirocinanti calabresi, un diritto al lavoro costantemente negato


Il dramma del lavoro negli ultimi anni ha raggiunto indici indecenti, soprattutto in alcune regioni del Sud (Calabria in primis) dove migliaia di giovani sono stati costretti a fare le valigie e trovare la fortuna nelle regioni del Nord oppure all’estero. In una di queste regioni del Sud cioè la Calabria, c’è un dramma che coinvolge circa 7.000 cittadini calabresi, che prestano servizio come “tirocinanti” presso Enti Pubblici e Privati e presso Ministeri (Miur,Mibact,Giustizia). Sono schiavi di protocolli d’intesa siglati in precedente dalla regione Calabria per garantire un minimo ristoro economico (500 €) a queste persone (senza alcun diritto spettante alla categoria lavoratore) e al contempo per potenziare la forza lavoro nei territori calabresi dove alcuni settori risentono fortemente di quella carenza di personale che per anni ha limitato fortemente alcuni servizi di reale importanza per il singolo cittadino.

I circa 7.000 tirocinanti calabresi sono stanchi delle “fasulle” promesse di chi si erge a loro protettore soltanto in vista di campagne elettorali (com’è successo a gennaio scorso) per poi essere gettati nel baratro più assoluto dell’indifferenza e dell’odio come hanno dimostrato alcuni assessori dell’attuale Giunta regionale calabrese che si sono rivelati inadeguati al ruolo istituzionale che ricoprivano.

L’ultima novità riguarda i tirocinanti degli enti pubblici e privati che in caso di look down per Covid 19, non avranno diritto ad alcuna indennità ed è previsto oltretutto il recupero delle proprie ore, se l’emergenza Covid 19 dovesse “malauguratamente” coinvolgere il proprio comune di residenza.

Quindi mentre nei mesi scorsi con fondi Ue ci sono stati contratti per circa150 precari calabresi degli enti sub-regionali e soprattutto varie nomine per chiamata diretta (senza avere potuto partecipare ad alcuna selezione), i circa 7.000 tirocinanti calabresi nonostante le mortificazioni che subiscono quotidianamente nel vedere visto negato il proprio diritto al lavoro con una più che giusta stabilizzazione nei settori in cui prestano quotidianamente servizio, non serbano rancore per nessuno ma reclamano quel sacrosanto diritto al lavoro frutto di anni di precariato e soprattutto di sacrifici per in circa 7.000 tirocinanti calabresi, uomini e donne, giovani e meno giovani e molti con famiglie monoreddito. Seguiranno Aggiornamenti.