La Ferragni al Museo


Dell’esistenza della Ferragni non ho molte notizie, e nemmeno me le cerco. Il suo volto, con una certa approssimazione, somiglia a quello della Venere del Botticelli, e di varie altre figure femminili, anche sacre, della pittura toscana e umbra; ma chi ha frequentazioni di quei luoghi, sa che si possono incontrare casualmente tante comuni ragazze e donne che somigliano ai quadri; e del resto, i pittori a qualcuna si dovettero pur ispirare. Per consolare i meridionalisti della domenica, ricor… ahahahahahah, insegno loro che Zeusi venne a Crotone, scelse le cinque giovani più carine, e da ognuna prese qualcosa per raffigurare Elena.

Non so se tutte queste considerazioni le abbiano fatte, prima di portare la graziosa donzella Ferragni agli Uffizi e altrove; ma pare che, dopo di lei, stia aumentando il numero dei visitatori.

Se è così, sono soldi ben spesi. E pensare che prima di lei si diceva “pezzo da Museo” per indicare una persona, di ambo i sessi, non tanto vecchia quanto barbogia e pesante e noiosa. Viva la gioventù.

Ovvero, la cultura non dev’essere per forza pesante come credono quelli che ne hanno poca, e quella poca se la tengono cara. Per esempio, chi verrà domani a vedere il nostro lavoro sui Normanni e su tutta la storia di Squillace e Soverato, se ne tornerà a casa forse con un poco di nozioni in più, ma certo con qualche emozione.

Emozione è la cultura, stupore, sorpresa; come accadde al Goethe quando dovette farsi largo tra sterpi e canneti, e vide, in mezzo a pascoli di bufali, i templi di Paestum ancora in abbandono; come quando io (nel mio piccolo), fresco di maturità, scoprii che conoscevo tutta la storia del mondo tranne la mia di qui, e scavalcai abusivamente per ammirare Roccelletta.

Ma oggi l’area è viva, e il visitatore normale non viene annoiato bensì trascinato in un vortice di sensazioni. L’avrete visto, spero, nel tg RAI Calabria.
Se poi è anche storico e archeologo, ha un’altra ottica, da specialista. Il normale vuole sapere chi andava a teatro e a vedere che; e chi all’anfiteatro; e se Decimione, dopo aver speso un botto di sesterzi di campagna elettorale, fu eletto o no.

Vale lo stesso per tutta la cultura calabrese, solitamente noiosa e pesante, e depressa per dovere d’ufficio, anche quando deve raccontare Ferragosto e Natale.
Mentre dei matti ideologi buttano giù le statue, e qualcuno trova da ridire su Dante, è ora di recuperare letteratura e arte come fondamenti della comunità italiana. E anche di fare turismo culturale: una merce che in Calabria è ancora troppo rara.

Ulderico Nisticò