L’incrociatore Mosca…


La corazzata Giulio Cesare divenuta sovietica

…è affondato sotto i colpi dei nemici. I Russi dicono che ha preso fuoco da solo, ma da quelle parti, tra Russia e Ucraina, si sta facendo a chi la spara più grossa. Il fatto è che la grande e potente nave si trova, da ieri, ai pesci.

 E qui ci scappa una riflessione storiografica. Quella delle grandi navi inaffondabili (e poi affondate!) è una delle più radicate illusioni umane, dopo quella dei leoni di cui parla Lucrezio nel V, i quali, addestrati a mordere il nemico, ogni tanto si voltavano a mangiare anche gli alleati.

 Lasciamo le navi di legno del passato, e vediamo cosa accadde alle navi moderne. Le prime corazzate compaiono nella Guerra civile americana 1861-5, con netta prevalenza del Nord.

 L’anno dopo, l’Italia schierò una potentissima e moderna squadra, derivata dalla fusione tra flotta sarda e flotta napoletana. Malamente comandati da Persano, gli Italiani a Lissa persero due grandi navi. L’ammiraglio asburgico Tegethoff, vincitore, commentò così: “Navi di legno con uomini di ferro hanno battuto navi di ferro con uomini di legno”.

 L’Italia continuò a varare navi sempre più grandi. Verso il 1880, il ministro statunitense della Marina disse così: “La sola Andrea Doria è più potente della nostra intera flotta”. Nonostante questo, durante la Prima guerra mondiale, i successi italiani contro le corazzate austroungariche si dovettero non alle nostre corazzate, ma ai MAS e barchini.

 Intanto, nel 1904 e l’anno dopo, la flotta giapponese aveva annientato due flotte russe, quella del Pacifico, l’altra arrivata circumnavigando l’Africa.

 Nel 1916 le due flotte più potenti del mondo, la britannica e la tedesca, si affrontarono con il cannone allo Jutland, affondando e subendo affondamenti in misura quasi pari.

 Imperterriti, tutti continuarono a varare potentissime corazzate armate di spaventose artiglierie: un proiettile dal 381 pesava 850 chili, più l’energia cinetica e il tritolo. Nel 1941, la Bismarck distrusse, con una sola salva ben centrata, la gigantesca Hood inglese; ma venne affondata due giorni dopo.

 Nel Mediterraneo, solo la grande efficienza tecnica salvò la Littorio e la Vittorio Veneto, enormi corazzate italiane, ma facilmente colpite con siluri aerei. Lo stesso per la Nelson inglese, colpita l’anno dopo dai nostri Savoia Marchetti. L’Italia affondò due corazzate britanniche, ma coi i “maiali”: vedi più sotto.

 Nel caos seguito all’8 settembre, la possente corazzata Roma venne raggiunta da una bomba germanica, e saltò in aria.

 Nel Pacifico, la guerra tra USA e Giappone fu decisa non dalle corazzate, ma dalle portaerei.

 Da allora, corazzate non se ne varano più. E, l’incrociatore Mosca insegna, non ci sono navi inaffondabili.

 Una storia curiosa, per concludere. Ai sensi del trattato di pace del 1947, l’Italia, “nazione sconfitta”, dovette demolire le sue corazzate; ma la Giulio Cesare venne ceduta all’Unione Sovietica, che la ribattezzò Novorossijsk, facendone l’ammiraglia del Mar Nero. Nel 1955 (però, badate bene alla data precisa: 28 ottobre), l’immane nave saltò in aria nel porto di Sebastopoli.

 I Russi se ne inventarono di tutti i colori: incidente, mina vagante… Corse invece la voce, confermata da più prove, che sarebbe stata un’azione tipica della X MAS, e proprio al comando di Valerio Borghese. La guerra era finita da dieci anni, è vero, la X MAS non c’era più… o chissà? Il 28 ottobre, per chi non lo sapesse, era una data sacra per i fascisti: la Marcia su Roma.

 Insomma, per affondare una corazzata italiana ci volevano i marinai italiani!

Ulderico Nisticò