Pas trop de zèle, anche in Medio Oriente


 Talleyrand (1754-1838) non fu un modello di coerenza: vescovo, rivoluzionario, giacobino, termidoriano, bonapartista, ministro di Luigi XVIII; oggi sarebbe nel governo Macron, pronto però al governo Le Pen. Del resto i suoi contemporanei non furono tanto meglio, inclusi Napoleone stesso, l’imperatore Francesco II suocero del suddetto, Murat suo cognato e nemico, papa Pio VII…

 In tutte quelle giravolte, però, Talleyrand accumulò senza dubbio una squisita esperienza politica, che riassunse nella nota frase “surtout, pas trop de zèle”: mai troppo zelo, mai esagerare. Altri tempi, altre menti politiche!

 Applichiamo questo concetto alla situazione delle guerre attuali. Notate il plurale, però qui parliamo di Medio Oriente. Cosa direbbe, Talleyrand?

 Intanto, da ex vescovo, saprebbe e direbbe che la parola Israele ha molti significati molto diversi uno dall’altro, quindi non bisogna fare confusione. Eccoli:

1. Altro nome di Isacco, figlio di Abramo.
2. Il popolo ebraico antico in senso religioso e teologico (israeliti) con particolare riferimento al patto con il Signore.
3. Uno dei due Regni sorti dopo la morte di Salomone, e sparito nel 722 aC per conquista assira; donde le leggende sulle dieci tribù disperse.
4. Il Regno di Giuda, ma solo in senso biblico.
5. Gli israeliti nel senso di seguaci della religione israelitica, o, più esattamente, del giudaismo.
6. Nel linguaggio cattolico, i fedeli cattolici, senza alcun riferimento alla storia, e tanto meno all’attualità.
7. Gesù Cristo in quanto Dio-uomo e Redentore.
8. Lo Stato d’Israele.

 Sono significati diversissimi e spesso opposti; e, consiglierebbe Talleyrand, va evitato ogni pericoloso equivoco.

 Lo stesso per Palestina:

1. Terra dei Filistei.
2. Terra Santa, meta delle Crociate.
3. Mandato britannico dal 1918 al ’47.
4. Terre attualmente abitate da arabi musulmani e cristiani (Palestinesi), tutti nemici, anche se con diversità di atteggiamenti, dello Stato d’Israele.

 Anche in questo caso, va evitata ogni confusione.

 Qualcuno direbbe: ma tu ti preoccupi della parole? Sì, e oggi più che mai, in un diluvio di parole, ognuna tendenziosa pro e contro; anzi mi preoccupo più delle facce afflitte di certi politici, in testa quelli per cui ho votato. Parole e facce con le quali stanno palesemente esagerando sia i contro sia i pro; e con tutta evidenza pensando alle prossime elezioni e non al Medio Oriente.

 In questo momento, penserebbe Talleyrand, sarebbe invece utilissima una sana equidistanza. Non nel senso di dare ragione o torto, due argomenti insignificanti nella millenaria storia della politica estera e delle guerre a cominciare da quella di Troia; ma nel senso di fare qualcosa di concreto.

 Per esempio, direbbe Talleyrand, esaminare la situazione reale. Chi dà allo Stato d’Israele enormi bombe e ancora più enormi carri armati e aerei, che certo non sono prodotti a Tel Aviv o in qualche romantico kibbutz nel cuore del Negev? Come sostiene mezzo milione di armati, sottratti al lavoro, e su una popolazione di nove milioni, di cui una buona parte arabi? Chi mantiene i Palestinesi, in una striscia di Gaza che è grande quanto da casa mia a Isca, e non produce assolutamente niente, nemmeno acqua?

 Talleyrand proporrebbe di ridurre tutta questa pelosa generosità assistenziale: pas trop de zèle. Come nel Congresso di Vienna propose e ottenne di salvare la Francia entro i confini del 1792, non per bontà dei vincitori, ma come elemento indispensabile dell’equilibrio europeo.

 Sì, ma con lui c’erano fior d’intelletti politici, e il suo interlocutore era Metternich, e c’erano Wellington e lo zar Alessandro. Così gli equilibri di Vienna durarono, nella sostanza, fino al 1914: un secolo quasi senza guerre, il che, nella storia d’Europa, è un purissimo miracolo.

 Talleyrand, dove sei?

Ulderico Nisticò