Reddito di cittadinanza e lavoro


 Racconta Tacito che l’imperatore Tiberio, a un tale che gli chiedeva un sussidio, rispose che se tutti i bisognosi l’avessero chiesto, la cosa avrebbe esaurito l’erario dello Stato; e, se abituati i poveri a farsi mantenere, sarebbe venuta meno l’ “industria”, cioè la voglia di darsi da fare. Poi, per levarselo di torno, gli diede qualcosa in privato.

 I sostenitori del reddito di cittadinanza, e persino del reddito universale, pensano seriamente che ci siano da qualche parte nascosti dei tesori da spartire, e che i cattivi ricchi non vogliono regalare ai poveri che invece sono buoni (immaginano loro); in realtà, si può distribuire solo quello che esiste davvero, concretamente; anzi, quando le cose esistono, si distribuiscono da sole, senza maldestri interventi di benefattori generici.

 Ebbene, il reddito di cittadinanza ha creato molti aspetti pericolosi e dannosi: 

1.       Truffe varie, anche di stranieri;

2.       Lavoro in nero per non perdere il reddito;

3.       Più semplicemente, rifiuto del lavoro per contentarsi dei quattro soldi, che in un piccolo paese, e con casetta del nonno e pensione della mamma, sono sufficienti.

4.       Fallimento generale di quelli che pacchianamente hanno chiamato navigator, e che non hanno navigato un bel niente.

 I benefattori di mestiere sostengono che il reddito aiuta i poveri. Benissimo, aiutiamoli a lavorare. È molto facile:

 un amico mi diceva che non trova braccia per raccogliere le ulive; ebbene, si piglia l’elenco dei beneficiari di reddito e si fa una specie di leva come ai tempi del militare; e chi si rifiuta, perde il reddito.

 Bene inteso, chi vuole braccia le deve pagare il giusto; e non è che per combattere il lavoro nero facciamo le assunzioni in nero!!! 

 Ma come fa a raccogliere ulive se uno è laureato con otto master? Bene, benissimo, ottimo: un poco di ginnastica dall’alba al tramonto può solo giovare alla salute.

MENS SANA IN CORPORE SANO,

qualche ora di sudore, e all’intellettualino della domenica passano le nebbie per la testa da pessimi libri digeriti male e gli sproloqui in italiese; e niente reddito a chi non lavora.

Ulderico Nisticò