Riflessioni storiche sul Natale


natale3 È solitamente ammesso che la Natività del Signore sia avvenuta nell’anno 753 di Roma, che, su indicazione teologica di Cassiodoro, Dionigi lo Scita rese l’anno centrale della storia. Tuttavia le non univoche notizie sui censimenti hanno suggerito ad alcuni storici una retrodatazione di quattro o persino sei anni.

 Nativi di Nazareth in Galilea, dove poi torneranno a vivere, Giuseppe e Maria si trovano a Betlemme per essere registrati: Giuseppe è infatti un discendente di Davide, e il suo luogo di origine è nella piccola città della Giudea. Il Vangelo di Luca c’informa che non trovarono un posto libero nel “katàlyma”, albergo, evidentemente zeppo di altri avventori. Solo riparo, una “phatna”, stalla, dove nasce il Bambino.

 Il popolo trasse da questa notizia dei richiami simbolici: l’accoglienza o il rifiuto; la povertà… La notizia, come si vede, è molto più semplice.

 Nulla ci dice quale giorno e mese dell’anno fosse. Il 25 dicembre venne scelto in seguito per sostituire le feste pagane dei Saturnali, e, in genere, i riti del solstizio; l’ambientazione della neve, davvero insolita per il luogo mediorientale, deriva dal presepe di san Francesco d’Assisi.

 La Nascita viene annunziata prodigiosamente, e giungono i pastori, ma anche dei misteriosi personaggi di altissimo rango, i magi: di loro, un’altra volta. Se ne insospettisce Erode, un avventuriero idumeo che regnava sulla Palestina per conto di Roma. Ne derivano l’uccisione dei Santi Innocenti e la fuga in Egitto fino alla morte di Erode. Questa però avvenne nel 4 a.C., e ciò crea un’altra incongruenza, o avvalora la tesi della retrodatazione; o si dovrebbe trattare del figlio Archelao, tetrarca di Giudea.

 Sappiamo per certo re Erode che, in altra occasione, fece uccidere dei figli, e Cesare Augusto commentò spiritosamente così, in greco: Di Erode, meglio essere il porco (“ys”) che il figlio (“yiòs”).

 Il Natale è la festa popolare profonda, in cui alla Fede si mescolano belle tradizioni. Si mangia di magro durante le vigilie, donde le zeppole; e si preparano particolari dolci invernali.

 Da S. Lucia a Natale si contano i “catamisi”: ad ogni giorno corrisponde la previsione meteorologica per un mese dell’anno.

 Sentite le pie leggende sulla Natività. Una donna senza figli, e che se ne vergognava, avvolse dei panni per fingere di averne uno; la misericordia divina ne fece un vero bimbo, che sarà il protomartire s. Stefano. In alcuni paesi si usano dei dolci detti “petri e santu Stefanu”, in memoria della lapidazione del santo.

 Alto valore spirituale è la tradizione dell’Incantato, il pastore dei presepi che rappresenta la contemplazione. Ecco i versi che, al femminile, sono stati recitati a S. Sostene ne “L’incanto della stella”, il dramma sacro mirabilmente messo in scena da Pittelli e dagli amici sansostenesi nel 2013. Qualcuno dovette pur scriverlo.

Andate voi tutti a vedere: io non ho questa necessità.
Voi avete bisogno di vista, di udito, di sensi, di lenta ragione,
di mente incerta e di pena, perché vi sia concesso di credere,
voi saggi, voi dotti, voi nobili.
Io, umile donna dei campi, io senza libri né scuole,
io che sono nata da poveri, e mi hanno insegnato i telai
e  governare la casa, e il lieto sudore dell’orto,
ed intrecciare canestri e maritare le viti,
io ora reso accorta e sapiente
con la meraviglia del cuore io ora leggo il libro del cielo,
e resto incantata del bello, del grande, dell’alto di Dio,
e levo i miei occhi alla stella, che non li distolga mai più.
O dono sterminato di Dio per dare certezza alle anime!
Se avessi mai bisogno di fede, per insegnarla ai miei figli,
null’altro basterebbe per prova che l’infinita armonia,
la connessione perpetua degli astri, della terra e del cuore,
e i canti che sento e che vedo in questa immensa danza di luci.
Andate voi tutti, io già so.

Buon Natale, Ulderico Nisticò


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