Sì, moriremo presto; anzi, siamo già morti


Tipico cielo da riscaldamento globale

Mentre vorrei fare due passi, e invece piove e fa freddo, dubito alquanto del riscaldamento globale, e mi ricordo di un antichissimo proverbio calabrese: “Natali o sula, Pasqua o focuni”, cioè a Pasqua fa cattivo tempo; un detto che non può essere nato con lo sviluppo industriale… per altro, dalla Calabria, quasi del tutto assente nei secoli passati, e oggi anche meno.

Di ricordo in ricordo… eh, ragazzi, che brutta cosa la memoria, ovvero cultura; e non è molto convincente quanto mi scrivono alcuni amici, che, essendo io un uomo di cultura, la devo pensare come Greta e come loro; e se oso pensare per conto mio, e cito testi e dati e date, allora “faccio sfoggio”.

Io la penso come mi pare, e, ricordando, mi ricordo che sul mio libro di geografia del Ginnasio (1965) stava scritto essere la popolazione mondiale di 1.5 miliardi; e oggi siamo a circa 8. Ho dunque qualche dubbio del fatto che moriremo tutti di inquinamento, anzi, stando a loro, siamo già morti, e zombi in momentaneo permesso premio.
L’età media, che nel periodo migliore della storia antica, l’Impero Romano, era di 42 anni, oggi è verso gli 85; e siccome le nascite sono di meno di ogni altra epoca, vuol dire che non muore nessuno. In Calabria, l’industria del futuro sono le case di riposo per anzianissimi.

Degli 8 miliardi, almeno 7 hanno da mangiare più del giusto, nonché auto e cellulari; e vanno a scuola, e godono di assistenza medica, eccetera.
Insomma, forse (???) nel 2030 moriremo uomini e bestie e piante, ma nel 2019 stiamo benissimo. Eh, ma i tumori… ragazzi, non ve l’hanno detto che oggi sono quasi tutti curabili, e non respirando aria sana e brucando erbetta, ma con medici, medicine e chimica?

A proposito: i cibi sono tutti più sani e controllati di quando, nei granai, i chicchi convivevano con cacche di topi e relativi gatti. E non parliamo dell’acqua.

Le guerre? E già, ogni tanto leggiamo che qui e lì c’è una guerra con qualche decina, qualche centinaio di morti; e ci dispiace. Scusate, sono meno che bazzecole di fronte agli svaghi che si prese l’Europa, la civilissima Europa, tra il 1914 e il ’18, e poi tra il 1939 e il ’45; e si contarono milioni di caduti in battaglia; e, state bene attenti, tra i combattenti austriaci, britannici e annessi, croati, francesi, giapponesi, greci, italiani, russi e sovietici, serbi, statunitensi, tedeschi, ungheresi, eccetera, i casi di diserzione furono rarissimi; anzi tutti si uccisero con entusiasmo a vicenda.

Insomma, vedete a che serve la cultura? A pensarla con la propria testa e non con quella del primo o della prima che capita.

Ulderico Nisticò


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