Tesori nascosti nelle nostre chiese


Intanto, una santa e felice Pasqua a tutti.

 Ho molto apprezzato l’articolo di Valentina Accoti sul settecentesco Crocifisso d’argento custodito nell’Addolorata di Soverato Superiore. So che è solo l’inizio di un lavoro di ricerca che la giovane e seria studiosa sta compiendo in Calabria e altrove; e aspetto che ne venga a capo e ci riservi qualche sorpresa. Qui voglio trarre occasione per una riflessione di ordine generale.

 Le vicende storiche – naturali e umane – della Calabria negli ultimi secoli sono state tali da offendere gravemente sia la memoria sia il patrimonio artistico materiale. Per dirla in breve:

  • Dalla fine del XVI secolo ai primi del XX, la nostra terra è stata ripetutamente devastata da terremoti, alcuni dei quali di potenza inimmaginabile: basti per tutti, ma non fu l’unico, il 1783.
  • Vero, e dimenticato, che ogni volta la Calabria seppe risorgere, ma troppo spesso subì danni irreversibili ad edifici, cose e documenti. Dopo il 1783, il governo di Ferdinando IV decise di ricostruire i paesi in altri luoghi.
  • La Cassa Sacra e soprattutto le privatizzazioni murattiane e unitarie misero il patrimonio monumentale in mano a dei rampanti arricchiti e ignoranti, quando non deliberatamente intenti a vilipendere il cristianesimo (“ecrasez l’infame”, aveva ordinato Voltaire). Conventi e chiese vennero ridotte a stalle o del tutto demoliti.
  • La cultura illuministica, unica diffusa in Calabria tuttora, è antistoricistica, donde la condanna in blocco del passato, con la sola eccezione di una Magna Grecia quasi per tutti però leggendaria.
  • Peggio di tutti, gli ammodernamenti criminali avvenuti verso gli anni 1950, con demolizione di belle chiese per costruirne di orrende (architettonicamente parlando), e pavimenti da cucina. Sia lode a quei parroci che hanno demolito le superfetazioni.
  • La cultura ufficiale calabrese… vedi sotto.

 Perciò è preziosa ogni traccia storica che sia sfuggita a questi danni naturali e soprattutto umani. È urgente un piano di ricognizione, studio e recupero, che passa, inevitabilmente, attraverso esigenze finanziarie.

 Siamo alle solite: reperire fondi europei, ottenerli, spenderli. E, al solito, si scivola sui muri lisci della Regione e delle burocrazie comunali.

 Servirebbe però, preliminarmente, un poco di entusiasmo, di piacere e gusto dell’arte e della storia e dei misteri del passato. E fin quando la cultura Calabrese sarà in mano o a bambinoni che sbarcano Ulisse, o a depressi di mestiere o depressi volontari, non c’è speranza.

 La cultura calabrese comincerà ad esistere quando un Crocifisso d’argento di una chiesa non sarà “lotta alla mafia, posti di lavoro, inizio dello sviluppo, riscatto” e altri piagnistei, ma solo un bellissimo Crocifisso d’argento che merita di essere ammirato per puro piacere dell’anima. E magari mostrato a qualche turista meno decerebrato di quello che noi crediamo, in Calabria, sia il forestiero medio.

Ulderico Nisticò


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