Italia senza premi a Venezia, e la mesoassia


“Capri revolution” di Martone, “Che fare quando il mondo è in fiamme?” di Minervini, e “Suspiria” di Guadagnino erano i film in concorso a Venezia; e nessuno dei tre ha raccattato nessunissimo premio. E siccome, detto in generale, le giurie dei premi internazionali di cinema sono molte serie e severe, escludo sia in atto una bieca congiura contro l’Italia; e sono portato a credere che i tre film, semplicemente, non se ne meritassero.

Per quanto mi riguarda, non avrei nemmeno ammesso una pellicola che mette nel titolo una parola straniera del tutto incongrua con il luogo e con l’epoca della trama. Ma questi sono i miei umori: eppure di Martone avevo molto apprezzato il film su Leopardi, detestato invece dai professoroni libreschi e piagnoni. Si vede che questo film “Capri” non valeva un premio.

Come faccio, io a giudicare film che non ho visti? State tranquilli, né li ho visti né li vedrò mai. Detesto a fiuto ogni spettacolo intellettualistico, pesante e di angoscia piccolo borghese; e anche la sera, quando, lavorando, lascio aperta la tv, in simili casi passo di corsa su un telefilm americano in cui alla fine beccano sempre il colpevole e lo sbattono o sulla sedia o all’ergastolo.
Tanto, mica sono io nella giuria di Venezia; e non sono stato io a bocciare i tre film italiani, è stata la giuria.

Lo stesso per la letteratura, campo nel quale gli scrittori italiani sono quasi ignoti oltre le Alpi; ammesso li si conosca al di qua. Per l’arte, idem. Per l’architettura, gli Italiani sono nominati causa caduta ponti.
E siccome non è che gli Italiani abbiano meno sinapsi nel cervello degli altri, qui ci dev’essere qualche ragione di natura sociologica. Secondo il mio modesto parere, la causa profonda è la mesocrazia, anzi, peggio, mesoassia. Non spaventatevi, sono neologismi da me creati con l’ausilio della lingua greca:
– mesocrazia: potere della mediocrità;
– mesoassia: valore della mediocrità; che, come spiegherò, è molto, ma molto più grave.

Non c’è dubbio, infatti, che per un popolo, il mediocre è assai più pericolo del cattivo, che almeno si muove, si agita, fa del male, suscita reazioni; invece il mediocre, lo stantio, il tiriamo a campare, non produce nulla, nulla genera se non una specie di oppio leggero leggero, che si assume pensando sia acqua e zucchero, e invece è droga.

È, come scrivevo sopra, l’angoscia piccolo borghese. Un ossimoro, che il piccolo borghese possa provare angoscia, perché l’angoscia, come insegnano Schopenhauer e Nietzsche, è un sentimento eroico, nobile, un pungolo acuto che spinge a grandi e terribili cose; ed è motore della storia. Provate a immaginare Dante Alighieri senza l’esilio e i suoi odi: ebbene, avrebbe continuato fino alla vecchiaia a scrivere poesie per una tizia che incontrava ogni tanto e si dicevano ciao ciao. Fortuna che c’era Bonifazio VIII. O Colombo capitano di un traghetto turistico Genova – Corsica. Anche un Leopardi più o meno in salute, e impiegato in Vaticano (come chiese in una lettera a un parente cardinale, ma quello la sapeva lunga e non glielo diede!): altro che Silvia e Pastore errante, avremmo avuto!

Bisogna dunque combattere la mesocrazia, e, prima ancora, la mesoassia; insegnando a scuola che la mediocrità non è un valore, ma un comodo rifugio dalla vita, e la morte dell’anima. Fidatevi, io ho imparato molto dal mio compagno di banco V. M., bocciato l’anno prima e rimasto ciuco; e niente dai grigi del sempre sei, sei e sei in tutte le materie.
Ma la poesia oraziana insegna l’aurea mediocritas… Ragazzi, poche cose nella vita mi diedero e mi danno maggior piacere che la lettura di un’ode di Orazio; e tuttavia, delle sue opinioni non condivido manco una virgola.

Eliminando la mediocrità, torneremo a leggere belle poesie, a gustare arte, e a vedere film degni di questo nome; e degni di premio.

Ulderico Nisticò


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