La zingarata della verginella di via Ormea


Amara Lakhous, scrittore di origine algerina, porta nel titolo del suo romanzo una verginella e via Ormea. Tra questi due elementi è racchiusa l’intera vicenda. Fa da sfondo la Torino dei giorni nostri dentro la quale si muove una famiglia medio borghese con la sua verginella di quindici anni, un cugino di colore, una nonna matriarca e tutti gli abitanti di questa famigerata via Ormea. Una vicenda intricata colpisce la più conservatrice di tutte le famiglie torinesi: Virginia, rigorosamente vergine anche nel nome, viene stuprata da alcuni zingari proprio nella via in cui abita. Nulla sarà più come prima. Ad essere stuprato non è il corpo della giovane, ma l’intero nucleo familiare, l’intera via, l’intera Torino, ma soprattutto e prima di ogni cosa, la dignità della nonna capofamiglia che abita assieme alla nipote. Viene compiuto non uno stupro, ma un delitto, quello della quiete dell’ignoranza. Chi sono questi malavitosi artefici del delitto? Quanti anni hanno? Perché l’hanno stuprata? Perché si trovavano proprio lì e proprio quella sera? La gente chiacchera senza sosta.

Ognuno ha già risolto l’enigma. La colpa è degli zingari che sono venuti in Italia solo per derubare e stuprare gli italiani. E sono venuti con la voglia di non lavorare, per questo si guadagnano da vivere rubando e dando fastidio agli onesti cittadini italianissimi. A questo punto Lakhous chiama all’ordine Enzo Laganà, giornalista indenne al pregiudizio e alle malelingue. Cosentino emigrato al nord con la valigia piena della sua zia Quiz, inquilina dell’appartamento accanto al suo e con in tasca il telefono pronto a squillare. Dall’altra parte della cornetta ci sarà sempre sua madre, la più calabrese delle madri, in attesa di saperlo spostato e sistemato. Assieme a lui, parteciperà alle indagini Patrizia Pascali, in arte Drabarimos. Una zingara, questa volta italianissima, che decide di cancellare la sua vera identità di donna/bianca/italiana/bancaria attraverso un finto suicidio, per diventare, appunto, una zingara senza nome (Drabarimos è colei che legge il futuro attraverso le carte) e senza fissa dimora. Che l’inchiesta abbia inizio. Laganà dovrà sbrogliare l’intera matassa per cercare il colpevole.

E alla fine lo trova. Con una geniale intuizione capisce che la soluzione dell’intera inchiesta è sempre stata custodita tra le labbra della verginella, che ha costruito un’enorme bugia attorno allo stupro per fuggire all’ira funesta della nonna. Nessun colpevole. Solo un amore tra lei e suo cugino, sfociato in un turbine incontrollabile di passione sensuale. La ragazza è salva. Ma la vittima diventa la nonna!
Che tragedia! Che colpo sferrato alla più integerrima di tutte le integerrime famiglie torinesi! Forse sarebbe stato meglio una guerra razzista, piuttosto che uno sfregio all’onore familiare e cittadino. La penna di Amara Lakhous è, senza dubbio, la più italiana che abbiamo oggi. A dimostrazione che  ogni scrittore nasce nel momento in cui nasce il suo libro. E questo è un libro che, attraverso un  esercito di personaggi che si incontrano a spasso per Torino, descrive l’Italia e gli italiani. E nel suo  romanzo c’è il dramma del pregiudizio, di qualsiasi ordine e grado, che come una palla rimbalza di  bocca in bocca. Tutto celato dietro un’ironia sconvolgente, che miete vittime ovunque l’autore  rivolga lo sguardo. Più attuale che mai, questo è un libro che andrebbe portato sempre in tasca e  aperto ogni volta che ci viene da pensar male di qualcosa o qualcuno che non conosciamo bene.

Floriana Ciccaglioni


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