Ancora su Carlo Amirante e il 20 settembre


 Succede a volte che anche la storia passi dalle nostre parti. Carlo Filangieri, dal 1817 principe di Satriano e duca di Cardinale, per quanto titoli ormai nominali, fu militare e diplomatico e governante; e nella Razzona aprì una ferriera, in cui vennero fusi i componenti di ferro del primo ponte sospeso d’Italia, quello del Garigliano; ma che non ebbe lunga fortuna.

 L’amministrava il cavaliere Saverio Amirante, napoletano, il cui figlio primogenito, Carlo in onore del principe, nacque nel 1852; secondo un documento, a Razzona; secondo un altro, a Soverato. Alla faccia di quelli che ripetono “La storia si fa con i documenti”!

 Dopo la crisi della ferriera, Saverio Amirante portò la famiglia in Campania. Carlo studiò alla Nunziatella, e, caduto ormai il Regno delle Due Sicilie, entrò nell’esercito italiano.

 Nel 1870 era tenente: c’è chi dice di artiglieria, e avrebbe proprio lui cannoneggiato Porta Pia il 20 settembre; c’è chi dice dei bersaglieri.

 Spiegazione storica: Roma e parte dell’attuale Lazio erano rimasti al papa Pio IX, sotto la protezione di Napoleone III; ma quando questi venne sconfitto e fatto prigioniero dai Prussiani, l’Italia decise il colpo di mano, e attaccò lo Stato Pontificio. Pio IX ordinò di resistere, perché in Europa le diplomazie non ritenessero si fosse arreso: e pose le premesse dei Patti Lateranensi del 1929, con la Conciliazione religiosa e morale; ma anche con il riconoscimento dell’attuale Stato Pontificio indipendente.

 Negli scontri del 20 settembre 1870 si contarono ventidue Caduti tra i soldati papali, molti dei quali erano volontari europei cattolici; e un numero all’incirca pari tra i soldati italiani: tra i feriti, Carlo Amirante.

 Dopo un turbamento di coscienza, questi lasciò l’esercito, chiese perdono al papa e divenne sacerdote. Dedito all’apostolato e ad opere di carità, morì nel 1934.

 Soverato gli ha intitolato la strada più lunga e popolosa della città. Una decisione sproporzionata, se, a parte la dubbia nascita, non risulta che l’Amirante abbia mai avuto alcun rapporto con noi. E se consideriamo che a fra Giacomo e allo Zumpano toccano due viuzze; e a Mimì Caminiti, niente.

 A Napoli è, o piuttosto fu in atto una causa di canonizzazione dell’Amirante, giunta però solo al secondo, e modesto, dei quattro gradi canonici: quello di Servo di Dio; e ferma da molti anni, perché nessuno la “promuove”: si dice esattamente così.

 E qui mi fermo anche io, se no vi racconto il fatto… e una volta tanto, è meglio se sto zitto. E zitto anche chi, come me, sa il gioco.

Ulderico Nisticò