Caso Regeni: finalmente l’ovvio


Sul caso del povero Regeni ucciso in Egitto si era finora detto e fatto di tutto; insomma, anche se senza dirlo proprio chiaro, la colpa era comunque dell’Egitto; di un qualsiasi Egitto: polizia, governo, faraoni… purché l’Egitto.
Assurdo l’atto di richiamare l’ambasciatore dal Cairo, e solo tardi si è posto riparo. La politica estera non la fanno i pur comprensibili parenti di Regeni! E, se mai, andava prima richiamato l’ambasciatore da Londra!

È vero, Regeni è stato ucciso in Egitto, ma questa è la triste conclusione della vicenda: l’inizio è in Gran Bretagna, l’inizio è nella gloriosa università di Cambridge; e non sta scritto in nessun testo sacro che qualunque cosa succeda a Cambridge e in Gran Bretagna debba per forza odorare d’incenso e rose.
In verità, un giudice aveva chiesto notizie ai professoroni britannici, che però si erano avvalsi della facoltà di non rispondere. Un loro diritto: ma dei professoroni che si comportano come ladri sorpresi con la gallina rubata in mano.
Oggi, finalmente, la Procura di Roma chiama in causa la professoressa tutor, tale Maha Abdelrahaman, professoressa e cittadina britannica senza dubbio, e chi lo nega? Fu questa dottissima a spedire in Egitto Regeni, e mi piacerebbe sapere:

1. Perché Giulio Regeni e non un altro qualsiasi: con quali criteri?
2. Cosa doveva cercare, Regeni? La risposta ufficiale è che andava a studiare l’economia; ma quello che è emerso, è che frequentava ambienti molto più politici che economici.
3. Dove era stato indirizzato, Regeni? Egli stesso, pare, si mostrò inquieto che la sua professoressa Maha lo avesse messo in contatto con una professoressa del posto, però “attivista”.
4. Quali persone e organizzazioni ha contattato Regeni?
5. La professoressa sapeva che Regeni correva pericolo?

Insomma, Maha Abdelrahaman, assieme alla famosa università, ci deve fare il favore di aprire bocca senza reticenze e senza facoltà di non rispondere e altri espedienti da avvocatucci. Siamo in attesa.
Riflessioni di carattere generale:

– L’Egitto non sarà esattamente il Paradiso Terrestre; ma è ora di finirla con la favola che in Gran Bretagna tutti siano santi e bravi e buoni e democratici; favola che circola in Europa dai primi del XVIII secolo.
– È altresì ora di smetterla con il piagnisteo che chiunque sia all’opposizione di chiunque, per ciò solo abbia ragione, mentre può avere benissimo torto. La storiella delle primavere arabe, pompata dai giornali, è finita nel ridicolo e peggio. La liberazione della Libia per mano dei tre tagliagole Sarkozy, Cameron e Obama, succube il badogliano Berlusconi, e l’assassinio dei Gheddafi hanno gettato la Libia nel disastro e riempito l’Italia di non si sa quanti clandestini. In Siria gli è andata male, però si è visto bene che gli “oppositori moderati” ad Assad erano e sono bande di criminali sostenute dallo straniero.
– Non basta proclamarsi democratici e roba del genere per avere sempre ragione.
– I magistrati e gli inquirenti, infine, non devono in alcun modo lasciarsi influenzare da terzi di qualsiasi natura e condizioni: parenti, politici, opinionisti e altri anche importanti. Nelle indagini, non ci sono innocenti, e tanto meno innocenti per geografia. Se uno è innocente, lo si vedrà in sentenza, non prima.
– E chi si avvale della facoltà eccetera ha una coda di paglia lunga dal Cairo a Cambridge.

Ulderico Nisticò


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