I Salesiani a Soverato: come andarono le cose


 Per quelli della mia generazione, il salesiano era prima di tutto un professore di latino e greco, e via via con le altre materie del Liceo Classico. Per me, era don Vecchi con cui litigare a sangue se un periodo ipotetico era di secondo o di terzo tipo (roba per professionisti con deformazione professionale al massimo!); era don Mariani, di cui a Pisa, università poco creativa ma molto filologica, mi ricordavo quando un prof mi chiedeva una forma verbale e io rispondevo con la più elegante sprezzatura, e lui “Bravo!”, mentre don Mariani, se non io ma uno qualsiasi non l’avesse saputo, avrebbe fatto scoppiare l’intera Guerra di Troia! E posso continuare per ore…

…se non che io faccio anche lo storico, e perciò non devo confondere i miei cari ricordi personali con i fatti oggettivi. I Salesiani non sono nati per insegnare al Classico. Ora attenti e non approfittare per capire male, e ve ne parlo alla fine.

 Fu verso la fine del XIX secolo che gli ecclesiastici, e i Salesiani in particolare, prevennero l’esigenza di munirsi del “patentino”, l’abilitazione dell’epoca; e vennero richiesti dalle scuole statali, dove gli abilitati laici scarseggiavano. A quel punto (e i rapporti tra Stato e Chiesa erano ancora cattivi, e lontanissimo dalla Conciliazione del 1929), pensarono bene di farsi delle loro scuole; quelle che, con la Riforma Gentile del 1923, sarà definitivamente il Ginnasio (I, II, III, IV, V), seguito da un Liceo Classico (I, II, III).

 A Soverato avevano iniziato con scuole tecniche, per poi istituire un Ginnasio quinquennale. Con la Riforma Bottai del 1939, venne istituita la Media Unica; rimase, per tradizione, la locuzione IV e V Ginnasio; e nel 1953 venne istituito il Triennio.

 Tutto questo era destinato a un ceto di media, o anche piccola borghesia, con l’internato da tutta la Calabria e oltre. Sarebbe gravemente ingiusto dimenticare l’azione religiosa ed educativa dell’Oratorio, aperto a chi non andava a scuola; ma qui è di scuola che stiamo parlando.

 Negli anni di cui parlo, di tutto si preoccupavano l’Italia, e più ancora la Calabria, che della crisi demografica. Ma questa è arrivata, e, per chi non lo sapesse, nel Meridione i morti superano i nati ormai dal 2013; e siccome non muore nessuno, indovinate il motivo. Si avverte pesantemente il crollo della popolazione, ormai anche a livello di istituti superiori, e mica solo privati.

 Aggiungete che il Liceo Classico gentiliano è rimasto a Gentile, manco a Bottai, e oggi patisce, su scala nazionale, una seria crisi di scelta degli studenti e delle famiglie. Nel cuore di molti miei colleghi, anche giovani, sonnecchia un lapicida che vorrebbe scrivere le epigrafi sulla pietra con lo scalpello, invece del computer e dei suoi molti strumenti di scrittura del greco antico. Io uso Lexilogos, e mi trovo benissimo.

 Ma siamo sicuri che sia solo questo, e non una scelta, se abbiamo notizie di chiusure di altre scuole salesiane? Che non sia una decisione ideologica di abbandonare l’insegnamento per altre attività?

 C’è da discutere sulle attività, e ricordo a me stesso che don Bosco raggiunse sì i ragazzi emarginati, ma ne fece “buoni cristiani e onesti cittadini”, e, che non guasta, Giovanni Cagliero divenne cardinale (quando i cardinali erano pochissimi!), e Miche Rua fu il degno e fattivo successore di don Bosco… Non vado avanti, e spero che il lettore intelligente mi capisca tra le righe su quello che non voglio io.

 Arriviamo a una conclusione? No, aspettiamo il 24, giorno fatale. E speriamo che una qualche soluzione intervenga a salvare la scuola, e, per quanto mi riguarda, il Classico. Il Classico, non le mie memorie di ormai… fatemi fare due conti… sessant’anni fa. In fondo, ragazzi, ciò che è classico non è vecchio, ma eterno. I classici sono eterni… fermi, non ve ne uscite con banalità storiograficamente e politicamente e scolasticamente corrette e buonismi da temino… eterni non nel senso che gli antichi Greci e Romani fossero delle belle statuine e anime candide; e basta ricordare che tutto il meglio della storia e della letteratura latine è morto ammazzato o suicida: Lucrezio, Catullo, Crasso, Pompeo, Cesare, Cicerone; e mica stiamo parlando di analfabeti e scappati di casa! L’unico che sopravvisse, e parecchio, e li seppellì tutti quanti, inclusi Bruto Cassio Antonio Cleopatra, fu Augusto. E se vi racconto delle donne romane, mi bannano a vita.

 Dei Greci, un’altra volta. Ecco così voglio salvare io del Liceo Classico, e, bene inteso, in latino e in greco nel senso di latino e greco.

Ulderico Nisticò