La mitopoesi del 25 aprile


 Premessa teorica: tutte le entità politiche si creano un “mito di fondazione”; esempio illustre (si licet magnis componere parva), Romolo, che da figlio di una “lupa” (prostituta) e di padre ignoto, diventa con i secoli figlio di una vestale e del dio Marte, e discendente di Venere; e tale albero genealogico, guarda caso, è dei Giuli. Non mi stupisco dunque che persino un’Italia aliena da entusiasmi e miti qual è la nostra attuale, se ne faccia uno. Siccome a furia di raccontarli i miti diventano veri, e siccome a scuola, detto in generale, la storia è insegnata in maniera discutibile, io qui vi elenco i fatti come andarono.

 Antefatto. L’Italia vince la guerra del 1915-8, ma con pochi risultati territoriali, ed ereditando una grave crisi sociale. Nel 1919 i socialisti ottengono la maggioranza alle elezioni, ma, divisi in correnti, non trasformano i numeri in realtà politica. I liberali risorgimentali sono impari ai nuovi tempi. Cresce il solo movimento che abbia le idee chiare e una compatta organizzazione: i Fasci, poi, nel 1921, Partito Nazionale Fascista (PNF). Il 28 ottobre 1922, Mussolini diviene presidente del Consiglio. Nel 1925, aboliti gli altri partiti, il PNF diviene partito unico, e partito-stato.

 Come “dittatura di sviluppo”, il regime imprime una rapida accelerazione all’Italia finora lenta e arretrata. Ometto l’elenco dei risultati, noto a chiunque si curi di storia vera. Evidenzio qui un elemento di debolezza destinato ad emergere solo alla fine: la trasformazione del PNF in ente statale, sempre più svuotato di valenza politica; donde il “mussolinismo”. Contentatevi, perché il discorso sarebbe lungo e distraente.

 Gli Italiani mostrano uno di questi tre atteggiamenti: sentimenti fascisti; consenso allo Stato per evidenti benefici; antifascismo. Quest’ultimo si può dividere in antifascismo militante, con alcune figure notevoli ma di scarso numero e risonanza; e antifascismo attendista.

 La politica estera di Mussolini mira a recuperare il prestigio perso nel dopoguerra; e al mantenimento degli equilibri europei del 1920. Di fronte alla Germania nazionalsocialista (1933), propone un Patto a quattro tra Italia, Germania, Francia e G. Bretagna per la risoluzione degli infiniti problemi di confini e nazionalità lasciati aperti dalla dissennata politica di Francia e Stati Uniti durante i trattati di Versailles. Il Patto, pur mai formalizzato, è operativo risolvendo senza guerra la questione dei Sudeti e quelle di confine tra Ungheria e Slovacchia e Ungheria e Romania.

 Scoppiata la guerra europea nel 1939, Mussolini dichiara la “non belligeranza”; entrando in guerra quando, nel giugno del 1940, sembrava evidente, e tale fu, il crollo della Francia.

 Le operazioni militari italiane procedono contro la G. Bretagna, in Africa Settentrionale, dove dureranno fino all’aprile del 1943; attaccando maldestramente la Grecia; occupando la Iugoslavia; partecipando alla guerra di Russia; agendo per mare in Mediterraneo e Atlantico. La sorte delle armi è alterna. Le crescenti difficoltà italiane inducono a chiedere soccorso all’alleato tedesco, la cui presenza cresce per mare e cielo, e anche con truppe nel territorio nazionale. Non si verifica alcun episodio di prevaricazione o simili.

 Nel luglio del 1943, gli Angloamericani attaccano la Sicilia, difesa quasi solo da una possente forza germanica. Si avvertono i primi segni di scollamento tra le forze italiane. L’Italia Meridionale e la stessa Roma sono colpite da spaventosi bombardamenti “terroristici” angloamericani.

 Il 25 luglio dei confusi eventi portano alla destituzione di fatto di Mussolini da parte dei gerarchi fascisti; e al suo arresto da parte del re. Il nuovo governo Badoglio, inizia trattative segretissime con gli Angloamericani. La Germania, rimanendo del tutto estranea ai fatti interni italiani, tuttavia si prepara a ogni facilmente prevedibile evenienza.

 È probabile che Badoglio pensasse a un cambio di fronte, e di essere accettato come alleato dagli Angloamericani contro la Germania. Ingenua speranza, dopo la dichiarazione di Casablanca del 24 gennaio 1943, che pretendeva la “resa incondizionata” di Italia, Germania e Giappone.

 In 3 settembre, in Sicilia, veniva firmato un armistizio da tenere segreto. Badoglio non ne informò nemmeno i più alti comandi delle forze italiane in Italia, Francia, Balcani, Grecia, e il comandante della flotta. Continuarono i bombardamenti, e sporadici combattimenti in Calabria. Un episodio altamente simbolico: la sera del 7 settembre la contraerea di Soverato, posta sull’attuale Panoramica (U chianu da batteria) abbatteva un aereo americano; il pilota si salvò, e, catturato dalla popolazione, venne consegnato ai Carabinieri.

 Poche ore dopo, l’8, su imposizione degli Angloamericani, Badoglio dichiarava l’armistizio. Scattò subito il piano tedesco, che colse di sorpresa le truppe italiane, catturandone la massima parte senza reazione. Si svolsero brevi combattimenti solo alle porte di Roma, a Lero e a Cefalonia.

 Mussolini, liberato da un reparto tedesco, costituì una Repubblica Sociale Italiana (RSI); svegliatisi dal torpore, i fascisti che si trovavano a nord di Cassino aderirono al nuovo Stato e alle sue variegate forze armate, per un totale tra 800.000 e un milione di uomini. E donne, le Ausiliarie.

 Il re e Badoglio raggiunsero Brindisi, poi Salerno. Occupata dagli Angloamericani, l’Italia Meridionale costituì il “Regno del Sud”, devastato dalle am-lire, moneta emessa senza copertura, che favorì ogni illecito e ogni mercimonio, e stravolse gli assetti sociali. Napoli divenne la capitale del contrabbando e un gigantesco lupanare dei soldati angloamericani: “E’ nate nu criature, è nate niru… ”

 Soldati fedeli al re e milizie politiche socialcomuniste con qualche minoranza formarono il Comitato di liberazione nazionale (CLN), o partigiani. Conservo con ogni cura una pubblicazione dell’ANPI dell’immediato dopoguerra che dà un totale di 80.000; cifra che le cronache mi autorizzano a prendere con riserva.

 La guerra si svolse prima lungo la linea di Cassino; poi lungo la Gotica, che lasciava a Tedeschi e RSI solo il Nord. Le città italiane vennero ancora bombardate dagli Angloamericani.

 Mi fermo qui. Quello che accadde negli ultimi giorni di guerra, merita una riflessione a parte. Dico solo che moltissimi degli eventi italiani dei decenni successivi furono segnati da quei momenti convulsi e in gran parte oscuri. Esempio, la morte di Mussolini, che doveva essere il mito di fondazione per eccellenza dell’Italia antifascista; ma è stata raccontata in tanti di quei contraddittori modi, da renderli tutti poco credibili; e l’uccisione di nascosto suscita ogni illazione. Lo spettacolo orrendo di piazzale Loreto sa di posticcio, per rimediare.

 Il mito resistenziale ebbe, dopo il 1945, scarsa presa, con pochissima letteratura e quasi nessun buon film. Il poco che si disse, fu la delusione dei combattenti veri, che si trovarono scalzati da quelli che fino alla fine di aprile avevano continuato a percepire uno stipendio dalla RSI: per esempio, il giovane giudice Scalfaro.

 Negli ultimi decenni, si tentò la carta della “resistenza morale” per arruolare postumi quanti invece erano stati a guardare; e Ciampi si rese momentaneamente celebre per aver detto che l’8 settembre era la nascita della patria; un’affermazione così assurda che nessuno manco la confutò, e cadde nel vuoto.

 Quanto ai fascisti del 1945, alcuni morirono negli ultimi istanti della RSI; altri restarono fascisti in spregio della costituzione, e nessuno disse mai niente di serio, anzi tutti pensarono che era meno peggio avere fascisti organizzati che fascisti sciolti; alcuni tra i più ideologizzati divennero comunisti come Napolitano; tantissimi poi votavano democristiano alla Montanelli maniera. Di solito, erano quelli che tenevano in casa decine di libri costosissimi, e mai letti, di apologia del fascismo.

 I neofascisti vissero e prosperarono, anche elettoralmente, finché la furbata di Fini del 1995 non li rese ufficialmente e ipocritamente antifascisti; simpatica la battuta dello stesso Fini che il fascismo fu “il male assoluto”, cosa mai detta manco da Moranino! Cadde nel vuoto, vedi sopra.

 Insomma, tutto all’italiana!

Ulderico Nisticò


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