Operazione “Basso profilo”, 160 gli indagati. Gratteri: “Rapporti diretti imprenditori-politica-‘ndrangheta”


E’ associazione per delinquere semplice, il reato contestato a Lorenzo Cesa, segretario nazionale dell’Udc, nell’ambito dell’operazione “Basso profilo” coordinata dalla Dda di Catanzaro. I reati contestati a Francesco Talarico sono associazione per delinquere aggravata dal metodo mafioso e voto di scambio.

Tutto sarebbe riconducibile ad un patto consistente in una promessa di appoggio elettorale fra gli uomini dell’Udc ed esponenti della ‘ndrangheta. In particolare, la consorteria ‘ndranghetista, nelle persone di Antonio Gallo, del consigliere comunale di Catanzaro Tommaso Brutto e del figlio Saverio, Antonino Pirrello e Natale Errigo, sarebbe entrata in scena in occasione delle elezioni politiche del marzo 2018, per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato.

In quella circostanza, secondo gli inquirenti, sarebbe stato stipulato un “patto di scambio” con Francesco Talarico, assessore regionale al Bilancio finito agli arresti domiciliari, consistente nella promessa di “entrature” per l’ottenimento di appalti per la fornitura di prodotti antinfortunistici erogati dalla sua impresa e banditi da enti pubblici economici e società in house, “attraverso – scrivono gli inquirenti – la mediazione dell’europarlamentare Lorenzo Cesa in cambio della promessa di un “pacchetto” di voti”.

In totale sono 160 gli indagati, mentre 50 i destinatari di misure cautelari nell’ambito dell’operazione “Basso profilo” della Dia, coordinata dalla Dda di Catanzaro. Tredici le persone in regime di custodia in carcere, 35 quelle in regime di custodia domiciliare, una dell’obbligo di divieto nel comune di Catanzaro e un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Il provvedimento, emesso dal Gip del Tribunale di Catanzaro, Alfredo Ferraro, su richiesta del procuratore capo Nicola Gratteri e dei sostituti procuratore Paolo Sirleo e Veronica Calcagno, con il quale sono stati disposti gli odierni provvedimenti cautelari, avrebbe consentito di assestare un duro colpo all’associazione di tipo mafioso, denominata ‘ndrangheta, costituita da un insieme di “locali” e “‘ndrine” distaccate e operanti nelle diverse province calabresi e riferite, tra gli altri, a soggetti di caratura ‘ndranghetista come Nicolino Grande Aracri, Giovanni Trapasso, Alfonso Mannolo e Antonio Santo Bagnato.

Il loro coinvolgimento, scrive la procura, “non è di poco conto, laddove si consideri che a ognuno di essi corrisponde una sfera di “competenza territoriale” ben delineata”. Ciascuno di loro ha rapporti con l’imprenditore Antonio Gallo, alias “il principino”, un “jolly in grado di rapportarsi con i membri apicali di ciascun gruppo mafioso non in senso occasionale e intermittente – scrive la Dda – bensì in senso organico e continuo”. L’imprenditore avrebbe mostrato di essere in grado di interloquire, anche direttamente, con i boss delle cosche, “manifestando in tal modo una significativa caratura criminale e presupponendo una vera e propria appartenenza alla ‘ndrangheta”.

Imponenti i numeri dell’operazione Basso profilo con 161.194 dialoghi intercettati telefonicamente, 105.370 intercettazioni ambientali eseguiti e le indagini si sono avvalse delle dichiarazioni di 7 collaboratori di giustizia. Inoltre, sono stati esaminati 1800 conti correnti e sono state ricostruite 388.000 operazioni bancarie per un giro d’affari di 250 milioni di euro. Ben 159 le società fruitrici di fatture per operazioni inesistenti.