Si vis pacem para bellum


 Premessa. Sicuramente qualche simpaticone di amico mio social mi scriverà che sto copiando la Meloni; donde la necessità di fargli sapere che io studiavo latino in Prima Media, quindi nel 1959-60; e lo insegnavo, assieme al greco, da molto prima che la Meloni nascesse.

La frase proverbiale, che deriva da diversi concetti espressi da pensatori ellenici e romani, significa, letteralmente, che se uno vuole la pace dev’essere pronto alla guerra.

Detto così, il pensiero sembra quasi brutto; e invece è, come tutto ciò che fu romano, realistico e senza utopie. Del resto, dai tempi di Augusto al V secolo d.C., l’Impero assicurò la tranquillità al Mediterraneo europeo, africano e asiatico, e all’Europa fino a Reno e Danubio, eccetera.

In cinque secoli furono più i conflitti, anche armati, tra Romani, che quelli contro i due tradizionali nemici ai confini: i Germani e i Parti/Persiani, toh! Per documentarvi su tutto il resto, visitate una qualsiasi area archeologica romana, a cominciare da Scolacium, e vedrete i segni palesi della prosperità e della pace. Non tutti erano contenti, se l’autore del Dialogo degli oratori, probabilmente Tacito, osserva che la pace toglie occasioni alla politica e quindi all’oratoria: ma non si può pretendere troppo dagli dei dell’Olimpo… e dai loro rappresentanti mortali nell’Urbe.

Un esempio di pace? Tito nel 70 pose fine alle continue rivolte ebraiche e distrusse Gerusalemme; Adriano la ricostruì, ma con damnatio memoriae e nome di Aelia Capitolina. La pace, da quelle parti sempre tormentate, durò fino alla conquista araba, poi turca, e alle Crociate, durante le quali i cavalieri europei esportarono… no, state tranquilli, non esportarono la democrazia tipo devastazione di Iraq e Libia, ma le loro infinite rivalità dinastiche tra cugini; finché il Saladino non riconquistò Gerusalemme nel 1187, e da allora fu pace fino al 1917, quando gli Inglesi con una mano favorirono i sionisti (dichiarazione Balfour sul “focolare ebraico”) e con l’altra armarono gli Arabi: dei veri geni della politica, a Londra!!!

Oggi, 25 giugno 2025, Trump, con la sua lodevolissima rozzezza fino alle parolacce in tv, ha fatto una cosa che nessuno ha mai pensato… beh, io so da almeno quarant’anni, e posso esibirvi fior di articoli… ma io sono solo un povero pensionato; Trump è il presidente USA, e ha detto una cosa unica: che la guerra tra Stato d’Israele e Iran può finire solo se la smettono tutti e due; tutti e due, e non solo i presunti cattivi e ancor più presunti buoni. Tutt’e due vuol dire, in concreto, che anche lo Stato d’Israele ha le sue colpe, e ce l’ha dal 1917, dal 1947 eccetera; e anche tra il 2023 e il corrente 2025.

E Trump dichiara che non esporterà la democrazia in Iran, dopo i disastri combinati dai Bush e dagli Obama eccetera.

Volete vedere che se il direttore d’orchestra alza la bacchetta, anche i suonatori cambieranno musica? Tutti i suonatori, quindi gli inutili ONU ed Europa (dis)Unita, che non contano; ma anche chi può contare, come riesce. E se chi conta dirà chiaramente che tutti, in Medio Oriente, la devono smettere, sarà già un passo avanti, molto avanti.

Se lo dice in latino, meglio. Il latino è una lingua pragmatica, anche nelle frasette. Ora chiudo con un latino più difficile, di Tacito. A Tiberio viene denunziato uno per blasfemia, però se la cavò così: “Deorum iniuriae, dis curae”, ovvero delle offese agli dei si preoccupino gli dei. Vedete quant’è bello e utile il latino?

Ulderico Nisticò