Spigolature sulla Calabria


 Una femmina, è un film di regista calabrese girato in Calabria, con due tematiche che solo per l’originalità meriterebbero una sessantina di Oscar: è una storia di donne ribelli contro la mafia. Focu meu! Quanto si sono spremute le meningi, gli autori, per degli argomenti così mai visti, così rari e unici! Auguri al film per il concorso di Berlino, in cui vincerà non so quanti premi, e tutti gli intellettuali più pesanti grideranno che “finalmente inizia… ”. In Calabria inizia sempre qualcosa da almeno quattromila anni; inizia, e “poi vidimu”! Ah, come mi piacerebbe poter scrivere io un soggetto ambientato in Calabria, però senza morti di fame ambosessi, anzi con lestofanti benestanti e laureati; e munito di statistiche atte a dimostrare che la mafia dei poveracci esiste solo nelle non so se disinteressate fantasie degli antimafia segue cena.

 Dei film e libri e teatro calabresomani e di piagnistei retribuiti, io ho personalmente le tasche piene.

 E francamente poco mi commuovono le vicende inventate della solita ragazza ribelle a non si sa che, e che alla fine salva la terre calabre; e mi curo del fatto che la Calabria, si legge, ancora non fa il giusto per i fondi europei. E intanto manda notizie patacca sul covid, donde discorsi campati in aria.

 E mentre gli intellettuali di regime (i peggiori sono quelli di finta opposizione!) piangono a pagamento come le prefiche, in calabrese “ciangiuline”, che fa la classe politica calabrese? Nulla, assolutamente nulla: vedi Vono, vedi Viscomi… idem per tutti gli altri.

 Risultato, si legge che alcuni non pochi giudici fanno domanda di trasferimento altrove. A buon diritto, s’intende, e tanti auguri nella nuova sede. Ma si trovano tanto male, in Calabria? E sì: se vanno al cinema, vedono una Calabria di paesi disperati abitati da donne bruttine. Sono mai stati a visitare un’area archeologica, un museo, una montagna, una spiaggia… No, evidentemente no. Peggio per loro, e peggio per i loro amici calabresi che non si hanno portati da nessuna parte… anche perché non ne sanno niente nemmeno loro.

 Alla fine, buon San Valentino.

Ulderico Nisticò