Una guerra asimmetrica


 Una guerra è asimmetrica quando da una parte si schiera una forza regolare e dotata di armi potenti, e dall’altra forze molto minori; e che, quindi, parrebbero guerre vinte in partenza: eppure la storia mostra moltissimi casi di guerre asimmetriche che sono finite in modo diverso dalle aspettative.

 Scelgo esempi vicini a noi nel tempo e nello spazio. Nel 1798, un esercito francese spazzò via quello di Ferdinando IV; alle porte di Napoli, però, trovò i popolani armati, i Lazzari (il sont des héros, esclamò il generale francese Championnet; e, profeticamente, L’action des Lazzaroni fera époque dans l’histoire, il Bellefontaine), che superò a stento; ma pochi mesi dopo, il cardinale Ruffo, con le Masse calabresi della Santa Fede, di estrazione popolare, riconquistò Napoli e cacciò i Francesi.

 Tornati questi nel 1806, in una sola battaglia annientarono l’esercito; ma seguirono, soprattutto in Calabria, sei anni d’insurrezione popolare antifrancese e antigiacobina. Per saperne di più, leggete la mia “Controstoria delle Calabrie”.

 Nel 1808, Napoleone invase la Spagna, vincendo senza difficoltà l’esercito; ma la guerrilla popolare che ne seguì fu di tale forza da assorbire gran parte delle energie militari e politiche dell’Impero. La situazione venne trivialmente ma efficacemente così riassunta dal generale Soult: “Siamo perduti, se le vecchiette ci rovesciano sulla testa i loro pitali”.

 Nel 1860, l’esercito delle Due Sicilie, malissimo comandato, fu di poca rilevanza; ma l’insurrezione borboniana ingiuriata brigantaggio comportò per l’esercito sardo, poi italiano, più morti delle tre guerre d’indipendenza contate assieme.

  Ecco cos’è una guerra asimmetrica: contro un carro armato ci sono le armi anticarro; contro i missili, ci sono missili; ma contro la vecchietta, si può ucciderla, una o mille, ma ce ne saranno sempre molte altre migliaia. E “una salus victis, nullam sperare salutem”: ai disperati e che non hanno niente da perdere, non si può mettere nessun paura.

 Questa è la prova che la guerra è sempre la stessa dai tempi dei tempi; e non la fanno le cose ma le persone; e quando in queste si scatena una forte passione patriottica e politica, allora “furor arma ministrat”, e qualsiasi oggetto è un’arma. Paradossalmente, nella guerrilla, hanno buon gioco quelli che meno dispongono di industrie e infrastrutture da colpire, e il più potente, alla fine, non ha niente da colpire. Volete esempi recenti? Vietnam contro gli Americani che bombardavano le foreste; Afghanistan prima contro i Russi, poi contro l’Occidente in fuga.

 Una guerra in senso classico ha un inizio, la dichiarazione, e una fine, un trattato di pace; una guerriglia può durare senza termini di tempo; e svolgersi senza delimitazione di luoghi. E non segue le regole, nemmeno quella psicologiche, della guerra, ma tutt’altre e imprevedibili.

 Anche questo sta accadendo in Ucraina. Putin ha vinto subito la guerra simmetrica, e non poteva non essere; la guerra asimmetrica inizia solo ora, e nessuno, nemmeno chi scrive, si aspettava un tale spirito nazionale dagli Ucraini; guerriero sì, se ricordiamo che era la terra dei Cosacchi.

 Ciò rende più urgente una soluzione: Ucraina, se proprio ci tiene, nell’EU, che tanto non ha alcun senso politico; ma neutrale come Austria, Finlandia, Svezia, che pure sono nella UE; e Ucraina mai nella NATO. Sempre ammesso che la NATO debba durare, e, a titolo personale, spero di no.

Ulderico Nisticò