I progressisti antimoderni, e John Ludd


Alcuni dei relatori del convegno di ieri 8 al teatro di Soverato – non li ho potuti sentire tutti – mi sono sembrati senza dubbio animati da ideologico progressismo e desiderio di felicità universale, ma, proprio per lo stesso loro robusto apparato mentale, erano decisamente passatisti e antimoderni.

Era il tono, voglio dire, apocalittico e pessimistico; e alla fine, quello che resta è l’impressione del tono. Abbiamo sentito che “l’intelligenza artificiale è sessista”, e povera IA, le hanno detto di tutto, questa poi… E uno la cui simpatia politica ha perso le elezioni, se la piglia con internet invece che con la debolezza dei programmi sconfitti e astrattezza snob della sua classe dirigente.

E ci hanno detto che in Facebook, in Instagram, in Tik tok eccetera sono eternamente in agguato i fidanzati delusi aspiranti omicidi, gli assetati pedofili e quant’altro di peggio; e bulli a tutto spiano; e, naturalmente, intere tribù di patriarchi. E ci hanno detto che per fare una foto al mare dovremmo prima chiedere il permesso ai pescatori lontani sulla battigia… Eccetera.

Ragazzi, è vero che ci sono patriarchi e pedofili e innamorati folli, e bulli e omicidi e risse, eccetera; ma ci sono anche senza i social; e c’erano anche quando si scriveva sulla pietra e di notte non c’era la luce artificiale… Ne sono piene le cronache e le poesie epiche e non epiche: anche Menelao e Otello furono gelosi, senza computer. Insomma, ripeto che è una questione di tono.

E il tono di alcuni dei relatori era palesemente antimoderno, e di nostalgia dei bei tempi andati, quelli in cui la famiglia si riuniva attorno alla ruota del braciere… relatori convinti che lo facessero per amore e bontà e non, com’era, perché se si allontanavano due passi gelavano di freddo. Ma sì, sono gli antimoderni del XXI secolo, come c’erano gli antimoderni ai tempi di Rousseau e in certe pagine di Marx.

Ci fu un certo John (o Ned) Ludd, che nel 1776 guidò gli operai a distruggere i macchinari industriali, con la nobile motivazione che gli automatismi avrebbero tolto il lavoro alle mani umane: il suo movimento si chiamò luddismo, ed è duro a morire anche nel 2025. Ludd, come i fatti provarono, clamorosamente si sbagliò, e il progresso tecnologico moltiplicò invece la richiesta di braccia da lavoro, poi anche menti e intelligenze naturali. Si tranquillizzino le signore femministe: l’IA ci aiuterà a stare tutti meglio, anche senza tacchi 12 da usare… e qui mi fermo perché forse ho capito male, o così spero.

Siamo in Calabria, ragazzi, e forse non tutti i dotti relatori di ieri hanno saputo che la Calabria è l’ultima d’Europa; e ciò non per colpa di patriarchi e pedofili, bensì per evidente arretratezza rispetto al 2025; la Calabria in cui fu sempre più facile trovare un filosofo e un avvocato che un idraulico; e soprattutto un idraulico che non faccia come “il nonno”, che a sua volta faceva come il “nonno”.

I risultati sono molto discutibili anche negli impianti idrici, e figuratevi nell’economia; e secondo me alla Calabria serve, urge una fortissima ventata di progresso… e progresso delle teste, della mentalità. Serve alla Calabria produrre, perché produrre è l’unica possibile giustizia sociale: con buona pace di Ludd, i prodotti poi si distribuiscono da soli, ovviamente in parti disaguali, ma così va il mondo da milioni di secoli.

Quello che non serve alla Calabria, anzi le fa danno, è un soffio di malinconia e neofobia. Neos, nuovo, phobos, paura. Meno male che ci siamo noi modernisti reazionari.

Ulderico Nisticò