La classe operaia non va in parlamento…


la_classe_operaia_va_in_paradisoParafrasando il titolo di un film del 1971, che vinse al festival di Cannes, nel 1972, il premio Grand Prix, girato da Elio Petri e con J.M.Volontè come attore principale e musiche di Ennio Morricone, ragioniamo su quanto affermato dal deputato SEL Arcangelo Sannicandro.

In un suo intervento alla Camera dei Deputati, a proposito del taglio delle indennità promosso dal Movimento 5 Stelle (lo stesso che stipendia a 100 mila euro l’anno il  collaboratore più stretto della sindachessa Raggi a Roma) ha affermato che i deputati non sono come dei metalmeccanici.

Sannicandro ammette che l’espressione è stata infelice, ma che dal suo discorso, più ampio e complesso, è stato estrapolato e manipolato ad arte questo passaggio. Il deputato pugliese, di storia comunista, legale da 400 mila euro l’anno (il che è un merito non un demerito), afferma che nella sua vita professionale ha difeso gratuitamente operai ed agricoltori e mai datori di lavoro. E non credo ci sia alcun motivo per dubitarne. Il fatto è che basta una battuta, pubblica tra l’altro, in parlamento dagli scranni della sinistra, che tutta la propria storia ideale e personale rischia di essere travisata.

La questione, però, è che in verità non esiste più una sinistra operaia, proletaria. In primis perché non esiste più la sinistra, e poi perché operai, in senso lato, e proletari, qualora ci fosse anche questa sinistra, non vorrebbero neanche farne parte. Non c’è nulla che rappresenti le classi sociali meno agiate, che comprendono anche la piccola borghesia. E magari è anche sbagliato parlare di “classi” perché si dovrebbe ragionare per “realtà socio-economiche” che comprendono anche gli immigrati. Non quelli del sud, ovviamente. Scenari del tutto diversi rispetto all’epoca del Partito Comunista Italiano che aveva numerosi iscritti, anche tra i giovani (compreso lo scrivente).

E probabilmente, l’ultrasettantenne avvocato, deputato, ex comunista del SEL, è inconsciamente caduto in questo equivoco. Quello di non sentire più la necessità ideologica e dialettica di difendere la classe operaia. Che, tra l’altro, come accennavo prima, neanche vuole essere “difesa” dagli ex comunisti o dai fantasmi della sinistra italiana.

Se qualcuno si prendesse la briga di andare sul sito della camera dei deputati e di quello del Senato e provasse a leggersi le statistiche della provenienza sociale dei nostri rappresentanti a Roma, scoprirebbe che le classi sociali di provenienza operaria, artigiana, di dipendenti e piccoli professionisti si incontra negli eletti della Lega Nord. Perché questo, anche prima dell’ era Salvini, è il partito politico più legato al territorio e che più direttamente risponde ai propri elettori (con i dovuti “distinguo”). Perché quelli della Lega parlano come i loro elettori. Nel bene e nel male, s’intende.

Invece, come è sempre stato, quelli di sinistra, e oggi degli antichi ricordi della sinistra, sono intellettuali che fanno discorsi molto articolati e complessi (bla bla bla di tutto rispetto…). Come al solito, non sono mai diretti. E se leggete l’intervista di Arcangelo Sannicandro su Repubblica.it ve ne accorgerete.

La classe operaia non andrà in parlamento. Né vi è mai stata in modo significativo. Ed una cosa che è certa… non andrà neanche più in paradiso. Sebbene neanche lì c’è mai stata.

Francesco Raspa


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