La cultura classica in Calabria


 Fidatevi, e posso portarvi infinite prove, che nel corso dei secoli la Calabria enumerò tanti scolarizzati quanto quasi tutte le altre aree d’Europa; anzi, tantissimi furono più laureati di Dante Alighieri che non lo era; e del Petrarca che si laureo con potentissime raccomandazioni papali e regie, ma solo nel senso di corona d’alloro (“laurea”); e di Ariosto, Tasso, Alfieri, Manzoni, Leopardi, d’Annunzio, Marconi e vari altri che non si presero questo disturbo. Anche il divino Gabriele se la cavò con “solo d’alloro voglio laurearmi”; e c’è il fondato sospetto che se Marconi avesse seguito studi regolati, non avrebbe mai inventato la radio.

 Al contrario, il mondo, e la Calabria, sono zeppi di laureati con 110 e lode, che però non inventano nulla e, se letterati, non scrivono nemmeno una cartolina illustrata in prosa, figuratevi in terzine.

 Ciò è grave per i tecnici, e mortale per filosofi e letterati; ed è questa la ragione profonda della debolezza della cultura calabrese. Seguitemi.

 Tutti i seguaci di Wolf, quello dello sbarco di Ulisse a Tiriolo, non sono grecisti, non saprebbero tradurre un solo verso dell’Odissea, però posseggono un argomento potentissimo: “Ma Wolf è professore di greco”. Quando li informo che lo sono anch’io e posso esibire laurea, abilitazione e certificati di servizio, mi cadono nella disperazione, perché ho rotto loro il giocattolo, e sottratto l’unico argomento possibile, che Wolf è professore. Poi gli mostro la mia traduzione volutamente letterale, e piangono: quant’era bello, che la Calabria, invece che, com’è, la terzultima d’Europa per tutto, fosse la Terra dei Feaci. E giù comitati bel retribuiti, e premi di poesia “Le mutandine di Nausicaa lavate al mare”.

 Sono tutti fedeli discepoli di Evemero, e pigliano i miti alla lettera; sconoscono il linguaggio simbolico; la mitopoiesi eccetera, e conoscono solo la logica vero / falso come i bambini. Laureati, ma bambini; e cresciuti in famiglie e scuole in cui tutto c’era tranne l’Angelo del dubbio.

 Peggio, attribuiscono alla cultura classica dei poteri taumaturgici che non ha mai posseduto in vita sua, per esempio, la pace. Ignorano che la storia greca fu tutto uno scannarsi a vicenda eroicamente (o meno, vedi Archiloco), finché non arrivarono prima i Macedoni poi i Romani a fare da castigamatti. E da quando si videro imporre la pace, i Greci smisero di produrre cultura e campavano di turismo museale.

 Ignorano, perché a scuola hanno insegnato loro la grammatica e la sintassi della lingua greca, non la lingua greca, che è un raffinato gioco di sfumature, e non un banalissimo fattarello che da lyo sunta èlysa o lèlyka.

 Non parliamo poi della Magna Grecia: se piove, ecco in coro che ai tempi della MG c’era sempre il sole; se fa caldo, che ai tempi della MG pioveva. Sempre, bene inteso, in pace: infatti Sibari si distrusse da sola. Quanto a Stesicoro, Ibico, Alessi… non pervenuti. Nosside è più nominata, ma solo dalle femministe, e quasi sempre a sproposito.

 Mi fermo, e credo di aver esemplificato abbastanza. Urge, come disse Giovanni Papini a suo tempo, una radicale descolarizzazione della cultura classica, iniziando dall’evidenza, ignota in Calabria, che Omero Platone Aristotele eccetera erano degli esseri umani, e non delle statue con la faccia eternamente ispirata. Colpa degli scultori greci, è vero, ma noi dobbiamo pur capire che i due Bronzi di Riace non avevano sempre quell’espressione da “Io sono io e voi…”, e ci saranno stati dei momenti in cui mangiavano e dormivano, eccetera! E sull’eccetera non procedo, o le battute goliardiche salgono alle stelle.

 Che vuol dire, descolarizzare? Vuol dire affermare una sola volta per tutte che Ulisse non solo non è mai sbarcato in Calabria, ma non si è mai imbarcato da nessuna parte, in quanto mai nato. È un sublime mito, e se potrebbe ricavare uno squasso di film e teatro e musica; e tutto tranne sperare di incontrare a Tiriolo la regina Arete a filare lana rossa, mentre i cani da guardia d’argento meccanicamente abbaiano, a differenza di Argo che invece era un cane vero.

 Ah, scusate se conosco l’Odissea: è il mio mestiere, e fortuna che sono un portatore sano di cultura.

 A proposito: non è che i nostri amati licei classici almeno almeno lo insegnino bene, l’aoristo terzo! Ebbi esperienze terrificanti, come commissario di greco dove non vi dico. Il greco era quasi ignoto ai fanciulli, però avevano una discreta conoscenza della storia letteraria in italiano! Peggio per l’UNICAL, quando vengono da me giovanotti e signorina a preparare esami e tesi con meno testi greci di quanto ne pretendeva don Mariani ogni giorno per il giorno dopo; e a non saperli, tragedia familiare!

 E che dire di tutto il resto? I Bizantini, tutti e solo monaci. Si salta poi alla fucilazione di Murat, ma non osate chiedere chi fu costui, e se lo schioppettarono per politica o per divieto di sosta.

Ulderico Nisticò


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