Soluzione cinghiali


 Se nel frattempo non ci sarà qualche manina pendula, la Regione autorizzerà gli agricoltori a fare quello che è ovvio: difendere i campi dai cinghiali. L’assurdo è che se ne dubitasse, anzi che fosse vietato.

 Qui serve una lezioncina di etologia. Dal greco ἔθος, significa sia abitudine sia sede; e studia il comportamento di ogni specie animale rispetto all’ambiente in cui vive. In cinghiale, come tutte le specie, ha un suo ambiente nel bosco e in una certa altitudine. Se si trova nelle campagne, o a Roma, o a Soverato, non è nel suo ambiente; perciò il suo comportamento non è quello naturale. Ecco cosa insegna l’etologia: studiatela.

 Cominciamo dunque ricordando a tutti che i cinghiali, estinti in Italia, sono un effetto di folli ripopolamenti, che, nella mente del genio che li pensò, comportavano il potere magico di controllarli. E invece non controllò nessuno, e i cinghiali vanno dove capita.

 Ora attente, anime belle. Questo “dove capita” non è affatto naturale, ma è il contrario. Il cinghiale infatti non è un animale di città e di pianura, e certo, in natura, non si nutre di sacchetti di spazzatura. Se mangia sozzerie, del resto, si ammala e diffonde malattie; e mette al mondo cinghiali malati, nemmeno buoni da mangiare.

 Cosa bisogna fare? Studiare l’etologia. Questa insegna che gli animali, a modo loro, capiscono la situazione e comunicano tra loro l’informazione. Non scherzo: è proprio così; e infatti il comportamento etologico si modifica secondo le circostanze.

 Se i cinghiali vanno a spasso sulla spiaggia, è perché ritengono sia lecito, normale. Se si fa loro capire che è vietato, e pericoloso, se ne vanno il più lontano possibile. E una generazione insegna all’altra che non devono frequentare i luoghi abitati dal più cattivo di tutti i viventi: l’uomo. Capire non significa tenere filosofici discorsi: un’operazione socratica notoriamente fallimentare anche con gli esseri umani, figuratevi con gli animali.

 Bisogna dunque sparare ai cinghiali. Bene. Ma, chi è che deve sparare? I contadini… i quali però non sono mica cacciatori, e tanto meno capaci di affrontare una specie selvatica e feroce com’è il cinghiale. E con quali nervi saldi? E sparare con che? Non mi pare che i contadini posseggano fucili da cinghiali, anzi nemmeno fucili in genere e da passeri.

 Addirittura, dovrebbero “catturarli”: voglio vedere come! E una volta catturato il cinghiale, portarlo al guinzaglio sul Lungomare, busta al seguito per le deiezioni?

 Premesso dunque che condivido il principio che ognuno possa difendere il suo; ma è meglio se ci si affida a cacciatori esperti. E senza tanti biribimboli, orari, date… Tanto, ripeto, lo scopo è far capire ai cinghiali che devono sparire dai luoghi antropizzati, e scegliersi ambienti adatti a loro: ἔθος.

 Corollario importante. In aree isolate e limitate, ci penserà la selezione naturale a farli diminuire dell’eccessivo numero, eliminando i deboli, e lasciando in vita i sani e forti. Se pare brutto, studiate l’etologia.

 Resteranno anche per la caccia, certo. La mitologia è zeppa di cacce al cinghiale. Ulisse portò per tutta la vita una cicatrice di cinghiale. Calma, calabrotti sbarcatori fanatici: ciò avvenne in Epiro. Odissea, XIX: studiate Omero, non chi per lui.

Ulderico Nisticò