Vergogna tutta italiana, 8 settembre 1943


8settembre43Se c’è una data di cui i Savoia non possono non vergognarsi, dopo il proditorio, sanguinoso e vile saccheggio-conquista del Regno delle Due Sicilie, è l’8 settembre 1943 quando ancora una volta mostrarono la loro pochezza e viltà dinanzi al mondo intero.
“L’otto settembre è un giorno memorando: // volta la fronte all’invasor nefando, // l’Italia con l’antico suo valore // alla vittoria portò il vincitore. // L’otto settembre è memorabil data: // volte le spalle all’infausta alleata, // già col ginocchio a terra, // corremmo a vincer coi nostri nemici // arditamente quella stessa guerra // che avevamo già perso con gli amici.” (Curzio Malaparte, “Il Battibecco”, 1949). Lo sbando dell’esercito, la fuga poco onorevole e “romana” del re e del governo a Brindisi, la duplice umiliazione subita dall’Italia da parte dei Tedeschi e dei liberatori Americani, dissolsero probabilmente sin d’allora il concetto stesso di Patria, come sostengono oggi molti studiosi. Se, infatti, è vero che non tutto il popolo italiano si sentiva in cuor suo di vivere una vita di cittadini nell’Italia fascista e monarchica ma piuttosto di sudditi, è altrettanto vero che non c’era alternativa a quell’Italia, unica realtà in cui la nazione poteva riconoscersi; e questo anche dopo la caduta del fascismo se non ci fosse stata soluzione di continuità con la monarchia. Ma così non fu; e dopo la fuga ignominiosa ed il tradimento, nacque l’Italia-patria antifascista sotto la spinta ed in nome della Resistenza in cui, tuttavia, si riconoscevano solo minoranze, non essendosi la generalità degli Italiani mai schierata politicamente, preferendo rimanere “neutrale” o “afascista”. Fu, quindi, giocoforza “correggere” la prospettiva storica e fare opera proteiforme della popolazione perché si sentisse antifascista, pur se con comportamento di resistenza passiva; nello stesso tempo si negò ai “repubblichini” di Salò persino l’appartenenza italiana, quasi fossero lanzichenecchi, soldati di ventura. Ma per cercare di formare la nuova patria antifascista nata dalla Resistenza, si è dovuto anche alterare o meglio dimenticare una certa prospettiva storica su ciò che è accaduto ai confini con l’ex Iugoslavia, ovverosia le stragi, commesse da Tito e dalle sue brigate partigiane, di migliaia di soldati e civili italiani “infoibati”.
Vogliamo pur ammettere che allora fu necessario, per battere il regime nazifascista e far nascere una nuova Italia democratica, mentire ed ostacolare la ricerca della verità storica su fatti che forse, qualora fossero stati divulgati e di dominio pubblico, avrebbero potuto mettere allo scoperto lacerazioni e discordie all’interno della resistenza, con gran nocumento alla “causa” ed alla nazione italiana. Chi non ricorda i fatti di Osoppo? Ma oggi, dopo la scelta democratica e repubblicana del 2 giugno 1946 non si può continuare ad ignorare volutamente quei fatti e tacere la realtà vera, ben diversa da quella presentata alle masse e sui libri di scuola. La reticenza storica e la memoria adulterata non contribuiscono alla formazione, nei cittadini, di una nuova e sentita idea di patria nata dalla Resistenza, sì, ma dopo gran travaglio e spargimento di sangue fraterno. L’otto settembre non sia, dunque, una data da festeggiare ma di profonda riflessione; l’onore delle armi che gli anglo americani accordarono alle truppe italiane dopo El Alamein, ai primi di novembre del 1942, era diventato sorriso di scherno sui volti di quegli stessi nemici che, come “amici” dopo l’armistizio-baratto dell’otto settembre 1943, accolsero le navi della regia marina militare che si consegnava a Malta senza sparare un colpo. Ed il Malaparte, sempre nel “Battibecco” del 1949, scriveva: “La guerra è sempre un gioco di denari // specie le guerre in stile liberty. // Gli Americani compran gli avversari, // noi li vendiamo: il gioco è tutto qui”.

Adriano V. Pirillo


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