Una narrazione che sfida gli stereotipi e mette in luce un modello di vita improntato al risparmio, alla famiglia e al rispetto.
CATANZARO – In un’Italia che fatica a uscire dalla crisi economica, le immagini di persone costrette a rovistare nei cassonetti dei rifiuti sono purtroppo diventate un simbolo di povertà crescente, specialmente nelle grandi aree urbane del Nord.
Un fenomeno che, stando a quanto emerge da una riflessione diffusa tra i residenti, sembra essere quasi assente in Calabria, una regione spesso etichettata e stereotipata, ma che rivendica con forza la propria dignità e un modello sociale basato su valori antichi e scelte concrete.
“In Calabria non si vede nessuno rovistare nei cassonetti, la dignità e la pulizia ci hanno sempre distinti,” è il cuore del pensiero che circola tra molti calabresi, quasi a stabilire una netta differenza con quanto accade nelle regioni settentrionali. Un contrasto che, secondo questa narrazione, non è frutto del caso, ma di un approccio alla vita profondamente radicato.
Il modello calabrese: Risparmio e proprietà
La chiave di questa resilienza, si spiega, risiede in una gestione parsimoniosa e lungimirante delle risorse personali e familiari. Il calabrese “in genere ha sempre qualcosina da parte per la vecchiaia,” frutto di anni di sacrifici e di una vita vissuta “senza sfarzi.” Niente “gite, crociere o aperitivi” in eccesso, ma la preferenza per una “vita tranquilla,” incentrata sulle “feste in casa” e sul nucleo familiare.
Questo modello ha portato a un’alta percentuale di proprietà immobiliari. “Quasi tutti hanno case di proprietà perché negli anni hanno vissuto senza sfarzi,” un patrimonio concreto che funge da rete di sicurezza in tempi di difficoltà.
Il ruolo invertito: I vecchi aiutano i giovani
Un altro elemento distintivo, e sorprendente, è il ruolo del welfare familiare. Mentre nel resto del Paese spesso si parla di giovani che devono prendersi cura dei genitori anziani in difficoltà – e anche in Calabria, quando necessario, “ci sono i figli che se ne prendono cura” – la tendenza più marcata sarebbe l’opposto. “Da noi è il contrario: sono i vecchi che aiutano i figli e i nipoti.” Una rete di supporto intergenerazionale dove il capitale accumulato dagli anziani viene utilizzato per sostenere le nuove generazioni.
Certo, la povertà esiste anche qui, ma la percezione è che non raggiunga i livelli di disagio visibile in altre realtà: “Forse ci sarà qualche povero ma non a livello di quello che vedo al nord.”
Le rinunce non pesano
Questa scelta di vita, improntata alla moderazione, non è vissuta come una privazione, né tantomeno come un segno di arretratezza. “Non ci è pesato fare delle rinunce,” affermano i sostenitori di questo stile, specificando che la scelta è stata consapevole: non perché “siamo ‘arretrati,’ come qualcuno pensa, ma perché abbiamo dato precedenza alle cose concrete.” La priorità è sempre stata data alla stabilità e alla solidità, lasciando al margine l’inseguimento di mode effimere.
”Al di là di alcuni esponenti noti,” conclude il pensiero, alludendo forse a eventi di cronaca che spesso macchiano la reputazione della regione, “la nostra è una vita fatta di tradizioni e dignità.” Una rivendicazione forte e chiara di un’identità che, pur tra le difficoltà economiche strutturali della regione, preferisce la sobrietà e il sostegno reciproco all’ostentazione e all’isolamento.