I re magi


remagi  Nell’immaginario popolare della Natività di Gesù hanno un posto importante i “re magi”. Da un punto di vista simbolico, essi completano il quadro dell’adorazione, quindi anche della manifestazione di Cristo agli uomini, che culmina con l’Epifania: dopo i pastori, adorano l’Incarnazione anche i sapienti e potenti; un monito a riconoscere la Rivelazione come un evento per tutti, poveri e ricchi, dotti e ignoranti, ciascuno “secondo il proprio stato”, e ciascuno secondo il suo linguaggio. Quello dei magi è l’astronomia (astrologia, per gli antichi è lo stesso), cioè la filosofia del mondo; quello dei pastori, è il linguaggio dei pastori: diverso e di pari dignità. La novità antropologica rivoluzionaria del cristianesimo non è, infatti, affermare che anche i poveri e i servi sono esseri umani, una nozione che troviamo dovunque, anche se assai più di principio che di fatto; ma che sono esseri umani, e non semidei, anche i re e i saggi, e devono esercitare le loro funzioni non come un privilegio ma come un dovere.

  Dei magi parla, tra i Vangeli Canonici, solo s. Matteo, vedendo in loro l’attuazione di alcune profezie dell’Antico Testamento; mentre dicono di loro varie notizie molti testi apocrifi, ripetendo però nelle grandi linee la narrazione di Matteo.

 Magi sono detti, già da Erodoto nel V secolo, e riferendosi a tempi più lontani, i sacerdoti e sapienti dei Medi, poi assimilati ai Persiani, con cui storicamente si fusero: sono entrambi popolo indoeuropei di lingua iranica.

 La parola ci è giunta in forma greca (μάγος / μάγοι), e la radice ci appare connessa a termini indoeuropei ben noti: mag-nus, μέγας, maha-, tutti nel senso di grande, potente, sacro.

 La parola, banalizzata, passò a significare credenze popolari, che i Greci più antichi volevano ignorare, e suscitarono la curiosità dei poeti ellenistici; per i Romani, erano analoghe ad attività da Suburra, e punite dalla legge contro gli avvelenatori (De veneficiis); il Medioevo le riteneva o trucchi (Dante punisce i maghi nel cerchio della frode), o bassi interventi demoniaci. Il Rinascimento, tra scienza e fantasticheria, ne fece un’arte di cui non facevano a meno re e papi, e che i filosofi promossero a dottrina. Pare che oggi la gente spenda cifre enormi per frequentare sedicenti maghi.

 Gli autentici magi dei Medi e Persiani seguaci di Zoroastro (Zaratustra) credevano alla lotta del Bene e del Male, e a due divinità in conflitto; incorporee e non rappresentabili, si manifestavano in cielo con gli astri. Si può vedere in questo anche l’influsso delle religioni mesopotamiche.

 I magi evangelici, seguendo una stella, quella che si usa chiamare cometa, giungono a Betlemme portando doni simbolici di incenso, oro e mirra: per il Dio, per il re, per l’uomo che deve morire. Si presentano da Erode: ma, come dicevamo in un precedente articolo, questi sarebbe già morto, rispetto al 753 = 0. Il re teme la nascita di un rivale, e chiede ai magi di informarlo a questo proposito. I magi lo eviteranno nel loro ritorno. Erode ordina la strage degli Innocenti, cui Gesù sfugge, condotto da s. Giuseppe e Maria in Egitto. I magi, avvertiti da un angelo, tornano al loro evitando “Erode”.

Stadio Baldassarre Sinopoli di Soverato

Stadio Baldassarre Sinopoli di Soverato

 Non dicono altro di loro i Vangeli, nemmeno quelli apocrifi. La tradizione popolare li volle tre, e assegnò loro i nomi di Baldassarre, Gaspare e Melchiorre, che paiono riecheggiare lingue del vastissimo Impero persiano: conosciamo un re medo Ciassarre, e Melkart era un eroe e semidio fenicio.

 La tradizione vuole che, dopo aver contemplato il Bambino, i magi ne annunziano la presenza in terra. Gaspare predicò in Asia e le terre dell’alba. Iddio non gli concesse di morire, e l’antico re attende il ritorno di Cristo.

In Africa predicò Melchiorre. Si ritirò infine nel cuore di una selva, e lì si raccolse in tale fervore di preghiera da non avvedersi del tempo, e non è mai venuta la sua ora di morire.

 Baldassarre fu ricevuto dai Romani, ora curiosi, ora speranzosi, ora timorosi, ora ostili. Quando a Roma giunsero anche gli Apostoli Pietro e Paolo. “C’è chi sa fare meglio”, disse, e si diresse di là dalle Alpi, dove popoli giovani e selvaggi attendevano la loro ora per prendere il posto di Roma nella storia. Lì predicò a quelle genti, e, in tarda età, ebbe in moglie una principessa, e per amore di lei volle non più morire.

 Potremmo dunque incontrare i magi, immortali nelle strade e nelle città del nostro tempo? Se invece morirono, la loro tomba era in Milano, finché il Barbarossa non portò le spoglie a Colonia.

 La venerazione dei magi ottenne successo popolare, come mostra l’uso dei loro nomi. Conosciamo una Gaspara Stampa; un Baldassar Castiglione; un Melchiorre Gioia; e ricordiamo anche il nostro valoroso Baldassarre (Sarro) Sinopoli, caduto ad Alamein.

 Da Baldassarre biblico volevano discendere i nobili provenzali De Baux, che gli Italiani chiamarono Del Balzo, e che un giorno furono anche signori di Squillace. Cavalieri crociati, essi levavano alto il loro grido di guerra: Au hasard, Balthasar, in ricordo dell’avo re e mago; e che oggi in Francia è un proverbio per chi deve rischiare il tutto per tutto.

Ulderico Nisticò


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